LA STORIA DI MINNIE SUL SECOLO XIX!!

In questo articolo si racconta la storia di Minnie, la gatta senza coda, lei vi aspetta al canile municipale della Spezia.



Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:



Se anche potesse parlare, probabilmente non lo racconterebbe mai, com’è che ha perso la coda. Perché i gatti sono così: inafferrabili. E Minnie, piccola tigre in miniatura, è senz’altro magica. Proprio come ritenevano gli antichi Egizi. Magrina, stanca, molto provata: ma giovane. E piena di vita. Così è arrivata al canile del Comune. Sulla sua storia, si sa pochissimo. Praticamente niente. Occhi verdi, intensi, pelliccia bianca e nera, linguetta rosa: e niente coda. Minnie l’aveva, probabilmente, quando è nata: non come certi felini selezionati apposta, per ragioni estetiche, con qualcosa che assomiglia ad un tronchetto, o come i gatti dell’isola di Man, che nascono senza, o con una coda minuscola, per una mutazione della colonna vertebrale. La leggenda, vuole che il gatto dell’isola di Man sia arrivato tardi, sull’Arca di Noè: e la coda sia rimasta chiusa nelle porte, che si chiudevano. La verità, sta ovviamente in ragioni genetiche, ben diverse: ma la storia dell'Arca, è più affascinante. In quanto a Minnie, non si sa. Forse, la coda l’ha perduta sul campo, quando era randagia. O forse, le è stata amputata, se un tempo viveva in famiglia. Può succedere. E non interferisce, con la vita del gatto. L’unica certezza, è che Minnie cerca casa. E soffre, in canile: perché gli spazi a disposizione, per i gatti, sono davvero ristretti, tanto che ce ne sono proprio pochi. Purtroppo, l’ipotesi di creare un gattile, è sempre rimasta sospesa, irrealizzata: e per agevolare i pochi gatti presenti, si cerca un’adozione veloce. La gatta senza coda, ci spera. E aspetta. Il canile comunale della Spezia, è sempre aperto. I volontari dell’associazione L’Impronta sono presenti in appoggio, il martedì, giovedì, venerdì e domenica, dalle 16 alle 19. Il sabato anche dalle 10 alle 12. Per informazioni sulle adozioni dei gatti, le due volontarie referenti dell’Impronta sono Chiara 3477172458 e Paola 3383871826.


Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

ANTICHI miti, ma anche moderne ricerche scientifiche, attribuiscono ai gatti poteri “magici”, di guarigione e di trasformazione. Un inchiesta spezzina, si sta occupando di qualcosa di simile, ma sotto un profilo molto diverso. Una storia di gatti che risultano esistere, sulla carta: ma, di fatto, non ci sono.
Il Comune della Spezia non ha un gattile, ma solo poche gabbiette per gatti, sistemate in un paio di stanze: ricavate nei locali di servizio del canile pubblico, a San Venerio. Tuttavia, nelle fatture mensili, liquidate al gestore della struttura, viene indicata la “presenza” di decine e decine di gatti. C’è scritto, materialmente, “gatti presenti in canile”. Una media tra i 50 e i 60 esemplari felini. E la guardia di finanza, adesso, ha deciso di passare ai raggi “X” tutta la documentazione contabile. Non è dato sapere se si tratti di un nuovo filone dell’indagine- articolata- avviata dalla Procura della Repubblica già alla fine dello scorso anno. Certo è che i riflettori dell’autorità giudiziaria sono puntati da mesi, sulla struttura di via del Monte.
Ci sono state interrogazioni in Regione relativamente alla ricomparsa del fenomeno delle cucciolate, trovate improvvisamente in strada, e di virus che parevano sconfitti sul territorio, come la parvovirosi, inaspettatamente riapparsa. C’è stata anche un impennata del numero di cani rinvenuti senza microchip: impossibili da tracciare. Dopo di che, è stata accertata la presenza di cani siciliani, all’interno della struttura comunale: cani “non noti all’anagrafe canina, come ha confermato dalla stessa sanità animale della ASL 5, che ha messo nero su bianco di aver attivato “provvedimenti”, ed “un controllo visivo su tutti i cani, con relativa identificazione”. In sostanza, è emerso il sospetto che Spezia sia finito nel giro dei traffici di cani, che qualcuno movimenta dal sud, facendolo riapparire altrove. Ipotesi preoccupanti, al centro anche di una recente interrogazione parlamentare.
Legambiente nazionale, in questo contesto, ha dato mandato all’avvocato Valentina Antonini di seguire la questione e di verificare, attraverso la sua attività professionale, la fondatezza dei dubbi. Punti fermi, fin qui, ne sono stati tracciati: fra i cani spezzini, in canile, sono spuntati veramente cani di altre regioni.
Come siano arrivati, chi li abbia inseriti, e perché non risultassero sui registri, dovrà stabilirlo l’autorità giudiziaria. A fronte della presenza dei cani “clandestini”, fisicamente presenti ma mai registrati, è spuntato ora il caso dei “gatti fantasma”: che nessuno ha mai visto.
Materialmente, non esistono proprio le condizioni per ospitare una sessantina di gatti, in canile, ma nelle fatture si parla di gatti presenti nella struttura, con tanto di nulla osta di verifica, mese dopo mese, da parte del comune. La struttura è pubblica, affidata in gestione ad Animalcoop, attraverso bando: le fatture, prima di essere saldate, vengono vistate di dirigenti e di funzionari.
Dove siano i sessanta gatti, non si sa. Ne si può ipotizzare che esista una qualche famiglia di felini randagi nel bosco. Alla sanità veterinaria non risulta esistere alcuna colonia felina. Peraltro, nel caso, andrebbe censita, con opportune sterilizzazioni: e sostenuta con fondi mirati. Un altro nodo, in una matassa già ingarbugliata.


TOBIA 16 ANNI ......."UN PO' CIECO ED UN PO' SORDO"!!!!

Tobia, Mariagrazia e suo marito si sono incontrati ad un banchetto de L'Impronta in Piazza Beverini a Dicembre 2016 e Tobia aveva già 15 anni (adesso 16) ed era già "un po' cieco ed un po' sordo".
Noi volontari ci ricorderemo per sempre le sue parole quando, poco dopo averlo conosciuto con suo marito, decidettero di adottarlo "non lo vogliamo far morire da solo in una gabbia del canile".
Se ci fossero più persone così il mondo sarebbe un posto migliore in cui vivere.

ADOTTARE UN CANE ANZIANO RENDE PERSONE MIGLIORI!!

L'articolo che riportiamo qui sotto è stato scritto dalla giornalista Sondra Coggio sul Secolo XIX circa un mese dopo l'adozione di Tobia e vale proprio la pena leggerlo........


Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:

 

“Ha 15 anni. Un po’ cieco un po’ sordo. I denti sono quelli che sono. E non si può operare , a questa età. Però è felice adesso . E a noi va bene cosi…” Ci vuole un animo sensibile per adottare un cane anziano.
A Tobia è capitata la fortuna di essere adottato. E dalla cella è passato al suo lettino, in una casa con il giardino. E gli è stato consentito anche il privilegio di arrampicarsi sul letto, quando vuol fare un riposino extra. Proprio il sogno di ogni cane.
“Ci abbiamo pensato un po’, io e mio marito, perché abbiamo già adottato un a cagnolina che ha dei problemi - confida Maria Grazia, la signora che ha preso Tobia- ma poi abbiamo voluto dargli questa opportunità . E’ un bravo cane. E’ dolce. L’unica debolezza che ha, è per il cibo. Quando inizio a prepararne , lui comincia ad abbaiare…”
Tobia ama la sua pappa. La ama tanto. Mangerebbe tutto il giorno. Ad una certa età, con un bel fisico snello, non resiste alla tentazione di un manicaretto. E la nuova quiete della famiglia lo sta viziando già tanto. “Si trova molto bene -confidano in casa- e si è perfettamente ambientato anche con l’altra cagnolina, che ha una storia molto particolare, ed è letteralmente terrorizzata. L’abbiamo presa al canile, perché aveva paura anche della sua ombra. Qualcosa, di quel terrore, le è rimasto dentro, e ancora adesso non vuole mai stare da sola.”
La piccola ha indirizzato tutto il suo affetto ai due “umani” che l’hanno liberata dalla sua gabbia.
In particolare si è affezionata tantissimo al padrone di casa: “A mio marito ho detto che ormai dobbiamo allargare di nuovo il nostro rapporto di coppia , è diventato un menage a trois” scherza la moglie divertita.
Un gesto di grande generosità quello di scegliere due cani che nessun altro avrebbe portato a casa: “Si cercano i cuccioli , in genere per adottarli, ma non è un atteggiamento condivisibile -osserva la padrona di Tobia- in particolare quando non si è più giovani, non ha senso scegliere un cagnolino appena nato. Il percorso di vita di un cane , è senz’altro molto ridotto, rispetto a quelle di una persona: ma chi è avanti con gli anni, non può pensare di arrivare all’eternità. Meglio orientarsi su un cane adulto , che peraltro può dare ancora più affetto, rispetto ad un piccolo, perché denso di riconoscenza.


NATALIE E GIANNI SUL SECOLO XIX!!



Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:



Terrorizzati da tutto e da tutti: con una strada tutta in salita, davanti, per poter ritrovare la fiducia nel mondo. Potessero parlare, chissà cosa racconterebbero, molti dei cani ospitati al canile di San Venerio: in attesa di un’adozione. Ci sono cani che reagiscono alla prigionia mostrando il meglio di sé: allegri, coccoloni. Altri no. Non ce la fanno. Restano accoccolati in silenzio, in un angolo, e non riescono a trovare la forza di avvicinarsi alle sbarre della gabbia: tantomeno quando passa chi sta cercando un cagnolino da adottare. Così, restano lì. Come Natalie: che inizia solo ora ad accettare qualche carezza. Con gli altri cani, non ha problemi. Con le persone, sì. Uno spinone, almeno a colpo d’occhio: che nasconde nei suoi occhi dolci, chissà quali esperienze di maltrattamento. O Gianni, il segugio: arrivato pelle ed ossa, senza la voglia di nutrirsi, e di lasciarsi avvicinare. Mite, sì: ma spaventato a morte. Picchiato, forse, o tenuto rinchiuso, al buio, senza mai uscire fuori. E poi, gettato via. Tutto, lo spaventa: e solo con pochi volontari, come Lara, si lascia abbracciare, e coccolare. Ogni ombra, ogni rumore, ogni gesto improvviso, lo spinge a tremare: conseguenza di qualcosa che ha vissuto, chissà quando, nel suo passato. Eppure, con tanta pazienza, Natalie e Gianni troveranno un’adozione: proprio come tanti altri cani, che aspettano una famiglia. Il canile del Comune è sempre aperto, risponde ai numeri 0187 982975 328 5870006. I volontari dell’associazione L’Impronta, ci sono il martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica, dalle 16 alle 19, il sabato anche dalle 10 alle 12. Per informazioni sulle adozioni, le referenti dell’Impronta sono Elisabetta 338 2635117 e Losa 320 1458159. Nell'ultimo anno, sono stati dati in adozione tantissimi cani, anche anziani, e fragili. Le gabbie, però, sono purtroppo ancora affollate: perché si sterilizza poco, e c'è chi abbandona intere cucciolate.


Il nostro presidio contro la fiera degli uccelli a Sarzana e contro l'uso dei richiami vivi sulle pagine de Il Secolo XIX.

 

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

IL PRESIDIO degli animalisti ampiamente annunciato e organizzato dalle associazioni Animalisti Italiani, Beta, Cittadini Consapevoli, Lav, Lipu, L'impronta Volontari Indipendenti Canile, Legambiente e Sos Randagi si è materializzato di prima mattina in via Cadorna, una delle strade dedicate alla Fiera degli Uccelli di Sarzana con una rappresentazione-choc della situazione dal loro punto di vista. Ecco dunque la grande gabbia con un figurante attivista-animalista all'interno e il cartello con la scritta inequivocabile: «Vorresti essere al suo posto? Gli uccelli destinati a “richiami vivi”, nascono, vivono e muoiono in una gabbia delle dimensioni di 25 cm di larghezza e di 30 di altezza. Vivono prigionieri di un’esistenza che non è vita, in gabbie anguste, nella pe­nombra di uno scantinato sono sottoposti a muta artificiale indotti a credere che la stagione dell’amore coincida con la stagione venatoria e che la primavera sia l’autunno, e, appesi in gabbia, chiamano involontariamente alla morte i propri fratelli».
Cacciatori, allevatori di cani da caccia e di uccelli da richiamo si sono giocoforza trovati a confronto, tra quanti, e le doppiette sono circa 3 mila in provincia della Spezia, difendono il diritto di andare a caccia e fare l’allevatore, nel rispetto degli animali e della natura, e chi invece della fiera non vuole più saperne, e chiede con forza che venga abolita, tanto che www.charge.org è stata rag­giunta quota 4 mila firme nella petizione di cui è destinatario il sindaco Alessio Cavarra, e che vuole l’abolizione della manifestazione. Nessuna polemica feroce, solo un pacato testa a testa sul tema che ogni anno crea comunque un forte dibattito tra chi è a favore o contro certe pratiche. Dibattito al termine del quale Federcaccia e animalisti, continuano a pensarla in modo opposto.

Articolo del giornalista Alessandro Grasso Peroni sul nostro banchetto informativo alla fiera degli uccelli a Sarzana contro l'uso e la vendita dei richiami vivi.

 

Qui sotto alcune nostre considerazioni su questa barbara tradizione:

 

Questo weekend a Sarzana si terrà la fiera degli uccelli. Già... in concomitanza con il Festival della Mente.
Che strana, assurda, contraddittoria scelta. Da una parte nutriamo la mente di sapere, conferenze di storia per ricordarci che l'uomo si evolve, conferenze di psicoanalisi (peraltro già da giorni con i posti esauriti) per sviscerare il nostro 'se' e ricondurlo alle emotività sopite, spettacoli d'arte per ricordarci che la forza della vita si ritrova nella bellezza dell'incanto e dall'altra mercimonio di esseri senzienti. In una civiltà che a fatica ma con perseveranza, si evolve verso un sentire empatico, ancora alcuni, preda di cecità e non conoscenza, si dilettano nel mortificare piccoli esseri indifesi.
Se ci chiedessero di raffigurare la libertà in un animale, disegneremo un uccello, tutti indistintamente. Eppure lo chiudiamo in una gabbia microscopica, al buio, lo deviamo a cantare a comando, lo priviamo della sua essenza stessa, la natura! E' come chiedere una risata ad un bimbo mentre lo verghiamo sulle dita, come chiedere un gemito di piacere ad una donna mentre la si stupra, come chiedere a chicchessia un canto lieve mentre sferriamo un pugno nello stomaco. Perversioni, solo perversioni. Aberranti perversioni di chi cela la propria debolezza dietro una turgida doppietta.
Tutto questo deve assolutamente cambiare! Domenica ci saremo anche noi, pacatamente e pacificamente, per fare informazione e toccare le vostre coscienze.

Tutti uniti come sempre e sempre più forti, le associazioni L'Impronta, Lipu, Legambiente, Beta, SOS Randagi, LAV, Animalisti Italiani vi aspettano. Unitevi a questa nostra silenziosa e pacifica presenza, fate vedere il vostro dissenso.
Si informa fin da ora che qualsiasi atteggiamento non consono all'educazione ed al rispetto del prossimo, chiunque esso sia, verrà bandito e nel caso, verrà richiesto l'allontanamento delle persone attrici, dal resto dei volontari presenti.


La storia del gabbiano Malu' su Il Secolo XIX.

 

Per agevolarne la lettura lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:

 

La cagnolina abbaia, festosa. Il gatto, Rosso, dondola tranquillo in guardino. Più sotto, c'è Bigio, che sonnecchia. E lì accanto, c’è Malu, il gabbiano con un’ala sola. Ed ecco arrivare, in volo, la tortorella, sua amica: pronta a dividere la bacinella d’acqua. Tutti insieme, appassionatamente, condividono la quiete di una bella villetta, vista mare. «Abbiamo messo la rete, perché Malu non ha ancora capito di avere un’ala sola – confida la proprietaria di casa – e ogni tanto prova a volare. Non vorrei si spezzasse una zampetta…». La convivenza fra gabbiano, cane, gatti, e tortorella, sembra perfetta. «Mio figlio – racconta – l’ha trovato alla marina, con un’ala sotto le zampe. Non era possibile salvarla. Il veterinario Carlo Andreoni l’ha operato. Era vivo, sì, ma senza un'ala: ci ha chiesto cosa intendessimo fare. Sopprimerlo o adottarlo. L'abbiamo portato a casa». Un po' di perplessità, c'era: «Tutte quelle voci sulla presunta aggressività...». Malu, invece, è stato buonissimo, da subito. Riconoscente. E si è integrato benissimo. «Avevo pensato di metterlo in una sorta di voliera, non è stato necessario: adora la compagnia degli altri animali». Simpatico. Quando arrivano ospiti a casa, il primo che salutano è lui. «Non è mai stato aggressivo, è come un gatto – spiega divertita – e tiene d’occhio il giardino: si diverte un mondo, a farsi il bagno. Gironzola, e va d’accordo con tutti». Lo spazio c’è: verde, piante. «Serve davvero pochissimo – racconta – per nutrire tutti: quel che avanza, dal pranzo. Non produco più organico…». Mai, prima, avrebbe pensato di inserire un gabbiano disabile nel suo terreno: «Qui ci sono tante tortore, scendono a fare il bagno con lui – confida – e Malu non dice niente. Non sa di essere un gabbiano». All’ora del pranzo, c’è un vassoio che va bene per tutti: e tutti, uno alla volta, si accomodano, e si servono. «Poi si mettono al sole, lo sguardo al mare – racconta – e stanno insieme così, anche quando restano da soli. Quando ritorno, vengono tutti ad accogliermi, appena sentono la macchina: e controllano cosa ho portato di buono». Malu adora la pizzetta, che la sua “umana” acquista apposta: si mette in coda, e aspetta il suo turno. Pierandrea Fosella, il volontario spezzino che ha lanciato la campagna di adozione dei gabbiani disabili, è commosso: «Ne abbiamo già dati diversi, in adozione, evitando la soppressione – racconta – e contiamo di darne ancora: non avendo un centro di recupero, la speranza di salvezza dei gabbiani feriti è solo l’adozione. Chi guarisce, decide in autonomia quando riprendere il volo, e partire». Malu non ripartirà, ma ha trovato il suo paradiso in terra: il cielo, lo osserva, dal giardino. Del tutto felice di essere vivo.


DAVIDE E BIONDO.......UN COLPO DI FULMINE!!!

In questo articolo di Sondra Coggio sul Secolo XIX si racconta l'incontro, nel canile municipale della nostra città, tra Davide un ragazzo meraviglioso con una sensibilità fuori dal comune ed il "nostro" Biondino. La prima volta che li abbiamo visti in passeggiata assieme abbiamo capito subito che erano fatti l'uno per l'altro e aspettavano soltanto che il destino li facesse incontrare.
E ricordate che adottare cani anziani rende persone migliori.



Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:



Quando l'hanno lasciato in canile, rotondetto e dolce, era sereno: per mesi, ha aspettato che il padrone tornasse. E quando ha capito che no, non sarebbe tornato più, s’è ammalato di tristezza. Sempre più magro, ha iniziato a tremare: crisi epilettiche, dovute allo stress. Il dolore dell’abbandono era troppo, per lui. Non riusciva a sopportarlo. E nessuno lo adottava. Così, Biondo è rimasto in cella quattro anni. Finché un ragazzo, in visita al canile, l’ha visto: e ha chiesto il suo nome. E non s’è scoraggiato, quando gli hanno detto che non era più un cucciolo, e doveva prendere una pastiglia, mattina e sera, per tenere lontana l’epilessia, sempre in agguato. Finalmente, ha trovato un amico. Davide se l’è portato a casa. E la loro amicizia, il calore della casa, faranno finalmente sparire lo stress, e tutto il dolore per quegli anni ad aspettare chi l'aveva abbandonato. «Noi volontari del canile comunale – ammette Pierandrea Fosella - siamo commossi. Ogni adozione difficile, ci rende felici: anche se il canile è sempre pieno, e sembra di svuotare il mare con un bicchiere. Biondo esce: ed è una festa. Ma ecco che arrivano altri cani, a volte restituiti da chi non li vuole più, a volte senza neanche microchip, e cagnoline gravide, rinunce di proprietà. Ci sono stati dei picchi di entrate, in questi ultimi anni: nonostante si pensasse che il randagismo fosse scomparso, qui, se non in qualche piccola area dell'entroterra. Il fenomeno dei cani senza una storia, è ritornato, in città. Va capita la ragione. I canili dovrebbero essere vuoti, o quasi. L'impegno è tanto, ma se non si arriva a far capire che si deve sterilizzare, non svuoteremo mai i canili». Il canile del Comune è sempre aperto, risponde ai numeri 0187 982975 328 5870006. I volontari ci sono il martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica, dalle 16 alle 19, il sabato anche dalle 10 alle 12. Per informazioni sulle adozioni, le referenti dell’Impronta sono Elisabetta 338 2635117 e Losa 320 1458159.


PROGETTO "ADOTTA UN GABBIANO DISABILE"

Il progetto "ADOTTA UN GABBIANO DISABILE" spiegato dalla giornalista Sondra Coggio sul Secolo XIX.

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

Qualcuno ha perso le ali sotto un’auto che non ha frenato, senza pietà. Qualcun altro, ancora cucciolo, s’è schiantato contro uno spigolo, una vetrata, un muro: cercando un albero che non c’è. Altri si sono tranciati le penne perché trafitti da un amo, lacerati da una lenza: o crivellati dai pallini d’un fucile, che ti si infilano dappertutto, facendoti crollare a terra. Quando un gabbiano precipita, e perde l’uso di un’ala, o di tutte e due, il cielo diventa un sogno proibito. E restano due soluzione soltanto: la soppressione, o l’accoglienza in un centro di recupero. Qui alla Spezia non c’è alcun centro di recupero. E solo la tenacia di un volontario, è riuscito ad inventare un “rescue fai da te”, basato sul volontariato: creando una rete di piccoli proprietari di orti e terreni, disposti a prendere in adozione qualche sfortunato Jonathan Livingston senza più licenza di volo. «Quando ho lanciato l’idea delle adozioni, c’erano tante perplessità – confida Pierandrea Fosella – ed il progetto sembrava strano, impossibile. Personalmente, avevo già salvato diversi gabbiani, feriti, salvati dai volontari, e curati gratuitamente dal veterinario Carlo Andreoni, e dall’assistente Lipu Perla Lucchini. Rimetterli in natura subito, li avrebbe consegnati alla morte: serviva uno spazio, con una bacinella d’acqua fresca, e qualche crocchetta. Non me la sono sentita di dire di no». Fosella, affiancato dalla volontaria Losa Porcu, ha provato, ha visto che funzionava: «Chi ha tutte e due le ali sane, un bel giorno riparte – spiega – chi non può più volare, è proprio come un qualsiasi altro animale: gioca con un legnetto o con la pallina, apprezza il cibo, adora il bagnetto. Chiede davvero poco». Solo che di gabbiani feriti, e disabili, ce ne sono tanti. Servivano altri terreni. Pierandrea ha promosso una ricerca di adottanti, con l’appoggio della sua associazione, L’Impronta, ma anche della Lipu, attraverso Paolo Canepa, e di Pamela O’Shaughnessy, della Lav: è stato fatto tutto a norma di legge, in collaborazione con la Asl, con l’adesione di Animalisti Italiani, Beta, Sos Randagi, Legambiente. Si sono fatti avanti i primi proprietari di terreni, e grazie a loro è stato possibile mantenere in vita Perla, Antonio, Simone, Nena, Beccaccia e Comodino. E molti altri sono in coda, e sperano di non essere soppressi. «Il gabbiano non è cattivo – esclude Fosella – e sa convivere, all’aperto, con gli altri animali. Chi è solo convalescente, ritrova poi la libertà: e decide da solo, quando è il momento. Chi non volerà più, si accontenta del nuovo modo di vivere, in tutta serenità». Era iniziato tutto con Ciuffetti, il primo gabbiano adottato da Pier. Ora, per tanti altri s’è aperta una nuova occasione. La prima, s’era infranta nello scontro con gli spazi predominanti degli umani, le loro auto, le loro case, i loro fucili. La seconda, è fatta di quiete e di serenità: nel verde, senza più pericoli. Manca il cielo, sì: ma si rispecchia nelle vaschette dell’acqua, in cui i gabbiani adorano tuffarsi.


ECO E LARA SUL SECOLO XIX

Inutile aggiungere parole...basta leggere questo meraviglioso articolo di Sondra Coggio.......e ricordate, adottare cani anziani rende persone migliori!



Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:



In tanti, se ne sono andati, da quelle gabbie: in questi lunghissimi anni. Condividevano anche la stessa cella, per un po’. Poi salutavano, abbaiando, e via felici, verso la nuova casa.Lui no. Eco era destinato a rimanere lì. Sempre. Un cane dolce, gentile, solo un po’ schivo. Una grande macchia sull’occhio destro, come una testolina di panda: il resto del corpo un po’ bianco un po’ nero, a macchioline, le zampette posteriori lunghe, da corridore. Piaceva, Eco, a tutti. “Ah, che bel cane!”. Gli facevano una carezza, poi tiravano dritto. Ed il cancello si richiudeva, la sera. Sempre. Ci sono voluti 14 anni, per il miracolo: l’adozione, che l’ha portato fuori da lì. Eco ha lasciato solo adesso il canile comunale di San Venerio, lasciando irrisolto il mistero di quella infinita detenzione, che non trova un perché. Ad innamorarsi di lui, è stata Lara, una volontaria dell’associazione L’Impronta, che raccoglie quanti operano in canile a titolo di puro volontariato. «Ho incrociato il suo sguardo, e lì mi sono fermata – confida Lara – anche se altre piccole creature mi avevano conquistato, il suo sguardo è stato magnetico». Eco ha intuito, nel cuore, che questa era la persona giusta. I suoi occhi l’hanno cercata, vincendo la timidezza. Lara ha sentito qualcosa, nel cuore. Ed Eco ha varcato finalmente, il cancello. La presidentessa dell’Impronta, Elisabetta Spinozzi, è commossa: «Un grande gesto d’amore – sottolinea – prendere un cane più che adulto: quando porti a casa un cane che ha vissuto in canile, non so perché, ti senti meglio, in pace con te stesso. Ed è una sensazione difficile da spiegare. Bisogna viverla». Il grande lavoro di sensibilizzazione, svolto dai volontari, ha premiato: stanno uscendo tanti cani adulti, anche anziani, mai presi in considerazione prima. Per informazioni sulle adozioni, le referenti dell’Impronta sono Elisabetta 338 2635117 e Losa 320 1458159


Amalia e Anita, le nostre simpatiche selvatichette, protagoniste di questo articolo uscito su Il Secolo XIX.

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

TAGLIA media, giovani, spaventate. Le hanno chiamate Amalia e Anita. Due nomi con la stessa iniziale, per due sto- rie parallele: una vita da condividere nella stessa gabbia. «Si fanno coraggio l’una con l’altra – raccontano i volontari del canile comunale – e sono timide. Cercano un’adozione. Dovranno solo superare il timore, diventeranno due cagnoline perfette». L’Impronta, l’associazione che raccoglie il volontariato del municipale, quest’anno ha collaborato con il Comune, nel mettere a segno davvero tanti “miracoli”: cani anziani, autentiche adozioni del cuore, sono riusciti a trovare una famiglia, perfino dopo dodici anni di reclusione. Chi sceglie un cane a fine corsa, fa un gesto di grande generosità: consente ad una creatura sociale di poter concludere l’esistenza, gli ultimi anni, con l’affetto ed il calore che in un canile possono essere offerti solo in pillole, perché i cani da seguire sono davvero tanti. C’è il personale. Ci sono i volontari. Ma non è la stessa cosa, rispetto alla vita in una casa, con un “umano” pronto a tenerti per sempre con sé. «Per inserire un cane del canile in una famiglia – spiegano – basta trovare quel “qualcosa” che scatta, quando c’è il primo sguardo. Si dice che spesso è il cane, a scegliere il padrone. Ed è vero. Poi, serve Amalia e Anita solo un po’ di pazienza, all’inizio: magari qualche incontro, per sciogliere la diffidenza, e avvicinare le parti, prima che cane si lasci alle spalle il cancello, per sempre. E comunque, l’affetto di chi vuole adottare, e la gioia di chi viene adottato, si vanno incontro naturalmente...». La struttura comunale è aperta dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19. I volontari sono presenti in canile il pomeriggio del martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 16 al- le 19. Il sabato la mattina dalle 10 alle 12. Il canile risponde ai numeri: 0187 982975 328 5870006. Le referenti dell’Impronta che curano le adozioni, sono Elisabetta 338 2635117 o Losa 320 1458159. Le adozioni, in città, sono fortunatamente tante. Il problema è che continuano ad entrare tanti cani. E così le gabbie, appena liberate, si riempiono di nuovo.


Un grido di allarme sull'emergenza randagismo in questo articolo della giornalista Sondra Coggio.

Era l'estate del 2017 e sembrano passati decenni, perchè adesso a soli tre anni di distanza questo fenomeno sembra fortunatamente scomparso.

 

Di seguito alcune nostre considerazioni in un post dell'epoca:

 

 

EMERGENZA RANDAGISMO A LA SPEZIA!!

Nel torrido mese di luglio in soli 15 giorni hanno trovato adozione 4 cani storici del canile di San Venerio, Pongo,Pippo, Linda e Sara. Quattro cani che si sono fatti, fra tutti, 38 anni di canile.
Abbiamo avuto un pò di fortuna e trovato il buon cuore di Massimo , Vanna, Agata e Cinzia,e noi siamo al settimo cielo per questo!.
Ma a volte ci sembra di svuotare il mare con un bicchiere, perchè nonostante tutto l'impegno profuso e le energie che ci mettiamo, nonostante le tante adozioni che facciamo, il canile è sempre pieno.
Ritrovamenti di cani senza microchip,ritrovamenti di cagnoline gravide, rinunce di proprietà, sono all'ordine del giorno.
La felicità nel dare finalmente una casa a chi è stato imprigionato per anni senza aver colpe viene subito affievolita dagli occhi strazianti di quelle povere anime.
Appena arrivano in canile sono confusi, impauriti,talvolta aggressivi e il percorso ricomincia.....sempre troppe anime recluse, dentro un box, tra ferro e cemento, al caldo rovente dell'estate e al freddo gelido dell'inverno,lì ad aspettare, ad elemosinare un attimo di attenzione.
Eppure pareva che nel nostro territorio il randagismo fosse scomparso, pareva che con la campagna di sterilizzaizione attuata dagli enti pubblici il problema andasse pian piano scemando, rimanendo radicato ancora in qualche anfratto dell'entroterra ligure.
Ci pare però si stia presentando un ritorno dei cani randagi, anche nelle aree cittadine.
Questa cosa ci inquieta molto e fa riflettere.
Dobbiamo capire il motivo e stroncarlo, prima che sia troppo tardi.
I randagi non devono più nascere.
Solo così svuoteremo i canili!
Solo così nessun cane dovrà più soffrire la reclusione.
Sempre e solo:
sterilizzazione, l'unica via!


L'amicizia tra il muscolaio Angelo e il gabbiano Artura in questo bel articolo della giornalista Sondra Coggio.

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

Una sorpresa così, non se la sarebbe aspettata nessuno: ma ormai, è fatta. Non era un maschio, il famoso gabbiano Arturo, amico fedele del pioniere della mitilicoltura spezzina. Il bellissimo volatile, che ogni mattina, all’alba, accompagna Angelo Majoli nei vivai, a controllare le reste, a fare pulizia, e raccogliere il prodotto fresco, è una femmina. E in questi giorni ha portato con sé il piccolo, un pullo ancora goffo, dalle tinte scure, che segue la mamma pigolando come un neonato. Majoli è rimasto stupefatto, ed ha subito modificato il nome dell’amico piumato: «Credo mi tocchi ribattezzarla Artura – confida – anche se al femminile questo nome suona francamente strano. In quanto al piccolo, ho dovuto aggiungere un coperto. Comunque è andata bene, nella nassa c’era pesce in abbondanza, si sono potuti servire tutti e due…». La storia dell’amicizia fra Angelo ed Arturo, che si è rivelato ora nella sua identità femminile, risale a molto tempo fa, ed è particolarmente simpatica. E’ stata lei, a scegliere Angelo: si è accomodata sulla sua barchetta, inconfondibile, grigia e gialla. Lui l’ha lasciata fare. E – mattina dopo mattina – è stato come avere un appuntamento fisso: tanto che quando Majoli è rimasto costretto a letto, a lungo, a causa di un incidente, la gabbianella l’ha cercato e ricercato, incredula. «Gli amici mi davano sue notizie, mi rassicuravano: mi dicevano che stava bene…». E quando Majoli è tornato al lavoro, lei è planata immediatamente al posto di prima: con quel suo volo incantevole, e la grazia delle sue planate. Oltre, naturalmente, alla voracità. «La colazione con i muscoli le piace tantissimo…», ride il muscolaio spezzino: ben consapevole di offrire all’amico alato una ghiottoneria prelibata, eccezionale. Il numero uno, s’è scelta: un ragazzo nato nel 1940, che conosce tutto, dei vivai, di ieri e di oggi: perché le lavorazioni le ha viste cambiare. E quel che non ha visto con i suoi occhi, l’ha conosciuto attraverso le parole dei più grandi, i familiari, e gli altri anziani del quartiere. Ricorda ancora i blocchi di ghiaccio, che servivano per conservare i muscoli appena raccolti, per farli arrivare sani a destinazione. Ricorda il trenino, che li portava via, e poi i camion. Ricorda pali di legno e legacci di erbe palustri, prima dell’avvento dei materiali moderni. E sa che “per far crescere muscoli buoni, ci vogliono acque di mare con la giusta salinità, e un buon apporto di acqua dolce”. Serve un mare protetto, ma non chiuso. E vanno conosciute le stagioni. Lo riconoscono anche i gabbiani, un muscolo speciale, come quello spezzino. E ora, visto che Artura ha messo su famiglia, e gli ha presentato ufficialmente il figlio, Majoli ha aggiunto un posto a tavola, sulla sua barca: allungando la nassa, con i pesci rimasti dentro, alla coppia. In questi giorni fa caldissimo, ma non per questo la gabbianella rinuncia alle sue uscite golose, in barca: «Nonostante la calura – se la ride Majoli – Artura non perde l’appetito». A differenza di tanti gabbiani che sono costretti a cercare nei rifiuti, la bella signora dal musetto candido ha la fortuna di avere le amicizie giuste: «Staziona in diga foranea, e non va per rumenta – sottolinea il suo amico muscolaio – ha di meglio, dei rifiuti…».


LINDA E SARA, DUE SORELLE......ED UN UNICO DESTINO!!

L'incredibile storia di Linda e Sara sul Secolo XIX di oggi.
Linda e Sara, due sorelle entrate in canile 12 anni fa, ed adottate in questo caldo Luglio a 15 giorni di distanza una dall'altra!!
Perchè alla fine..... l'amore vince sempre!!
Adottare cani anziani rende persone migliori!!

 

Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:

 

Avevano solo due anni, Linda e Sara, quando sono entrate in canile. Due anni, per due cucciolone dal pelo biondo, gettate via. Più esuberante l’una, timidissima l’altra, ma tutte e due diffidenti, spaventate: tanto che per dodici lunghissimi anni sono rimaste lì. In gabbia. Sempre a nascondersi, quando passavano gli “umani”, davanti a quelle sbarre. Il primo miracolo è arrivato una decina di giorni fa, quando Sara è stata adottata, a quattordici anni d’età. Ed ora, l’amore ha fatto il resto. E anche Linda è riuscita a lasciarsi alle spalle quel cancello, e conquistare una vera casa. Se ci si crede davvero, il lieto fine può arrivare. Ed i volontari del canile comunale della città si sono impegnati anima e corpo, in questi mesi: soprattutto per quelli che Pierandrea Fosella chiama “i cani invisibili”. Non cuccioli, non di razza, non bellissimi: eppure dolci, e affettuosi, e capaci di dare tanto amore. Linda, nella sua lunghissima detenzione, è stata separata da Sara. L’avevano messa con gli amici di sempre: Fred, e Lila, e Vaks. Ad aspettare. Sara no. Sara era rimasta nel piazzale, a fare compagnia ad un cane vecchio, sempre più vecchio, Priolo. Lui era diventato cieco, e lei per una vita è stata la sua guida, il suo sguardo sul mondo. Tanti cani sono usciti, in questi lunghissimi dodici anni. Loro no. L’associazione “L’Impronta”, retta da Elisabetta Spinozzi, le ha conosciute così: già anziane. Chi in canile ci sale da sempre, come volontaria, come Manuela Romeo, se le ricorda ancora, quando erano più giovani, due “ragazzine” che scappavano nell’ombra delle gabbie, quando capitavano i visitatori. La vita è passata loro addosso, con la certezza di un buon pasto e di un tetto: ma senza quel calore che solo una casa sa dare. Ci voleva un’adozione del cuore. Ed ecco che Sara è stata accolta da Vanna: nella sua bella casa, dove già vive un affettuoso bassotto, Rino. I volontari hanno fatto la spola, le prime volte, perché l’inserimento fosse graduale. E Sara si stropicciava gli occhi, tanto colpita da non crederci nemmeno. Poi sono arrivati Agata e Pierpaolo, che già avevano adottato – riscattandoli dall’abbandono - Kiro e Selene. Linda adesso sta in giardino, gioca con la sua pallina, e quando crolla, stanca, può accoccolarsi sul divano, o sul tappeto. E tutto, improvvisamente, è diventato fantastico.


La triste storia di Gioia sul Secolo XIX .
Il più bel lieto fine può dipendere da voi.
Gioia è in adozione al canile municipale di San Venerio.



Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:



La sentiva arrivare, la sua perpetua. Lì, alla canonica del Favaro. Riconosceva i suoi passi, quando ritornava a casa, ad occuparsi del parroco, anziano, dopo le funzioni. Lei, la gatta, aspettava il suo turno. E poi spuntava fuori , dolce, con quegli occhi verdi, ed il suo manto tigrato. Felice dei bocconcini prelibati, delle carezze affettuose sulla testolina. Quando la sua “umana” è mancata, improvvisamente, il quartiere s'è stretto nel lutto: e Gioia s’è nascosta nel più profondo del giardino. E non è uscita più. I vigili del fuoco hanno portato via tutti gli altri animali che la perpetua teneva con sé. Tanti. Non Gioia: che si sentiva miagolare, sommessamente, ma non voleva farsi trovare. L’hanno presa, alla fine. Catturata, per salvarla dalla morte. Magrissima, stanca. Gli occhi tristi. E sù al canile di San Venerio, al suo arrivo, s’è chiusa nel silenzio. Perché cercava la sua canonica. E soprattutto, la sua perpetua. C’è voluta infinita pazienza, per far capire a Gioia che no, la sua amatissima umana non tornerà. E finalmente, stremata, Gioia s’è lasciata nutrire. E ora accetta, pian pianino, qualche carezza. Cerca adozione, la gattina della perpetua. Cerca qualcuno che possa darle il tempo di superare quell’angoscia spaventosa, che le si è spalancata nel cuore. Dicono che i gatti siano creature misteriose, libere, che non si affezionano agli esseri umani, come i cani. Gioia amava moltissimo la perpetua del Favaro, e ancora l’aspetta. Si sente ferita, tradita, sente ancora la mancanza di quella sua casa, la canonica, in cui era felice. «Quando è arrivata, era tutta ossa – raccontano i volontari – e si vedeva, che era dimagrita improvvisamente: aveva la pelle che le cadeva, sui fianchi. Doveva essere stata in carne, prima. Il dolore le ha chiuso lo stomaco, le ha impedito di mangiare». In canile, per due settimane, Gioia è stata un fantasma. C’era, ma non si riusciva a vederla. Si mimetizzava, faceva vita a sé. E così sarà, probabilmente, nei primi tempi: se si troverà una famiglia disposta ad adottarla. Non è un cucciolo, non è un gatto anziano: avrà qualche anno. Davanti a sé, ha molta vita. E riuscirà senz’altro a dimostrare di poter ancora amare, nonostante quello strappo che le ha lacerato il cuore. In canile, i volontari la chiamano affettuosamente “gatta perpetua”: «Miagola come cantasse in chiesa – sorridono – con una vocettina tutta sua. In principio era arrabbiata con il mondo intero. Era terrorizzata. Ora ha riconquistato la sua serenità. Spera in una casa, in un “umano” che possa farla sentire di nuovo al sicuro, come quando era in canonica». Il canile è sempre aperto. Nei giorni del martedì, del giovedì, del sabato e la domenica, dalle 16 alle 19, ci sono anche i volontari. Il sabato, anche la mattina dalle 10 alle 12. Per l’associazione L’Impronta, le referenti dei gatti sono Chiara 347 7172458 e Paola 338 3871826


L'adozione della nostra Sara sul Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:

 

PERCHE' L'AMORE ...ALLA FINE .....VINCE SEMPRE!!!!

E ricordatevi che adottare un cane anziano rende persone migliori.

SARA ADOTTATA.....PERCHE' L'AMORE VINCE......SEMPRE!!

Sara a casa, solo poche parole per una gioia incontenibile...
sei arrivata in canile che eri una cuccioletta...
sono passati 12 lunghissimi anni, 12 freddi inverni, 12 calde estati sempre nel tuo box, sempre la stessa routine tutti i giorni... hai visto tanti tuoi compagni andarsene felicemente a casa e noi abbiamo sempre sperato potesse arrivare anche il tuo giorno, poi quello che era un sogno è diventato realtà quando è arrivata Vanna... tra tanti occhi sceglie proprio i tuoi, quegli occhi dolci e furbetti che hai... si, proprio tu, nonostante la tua diffidenza e timidezza... sapendo che il percorso sarebbe stato lungo ma non impossibile...
Sara, fuori dal canile c'è un mondo... ci sono estati fresche ed inverni tiepidi, la serenità del silenzio e la tranquillità di una casa... quel mondo che ti è stato negato dal destino per troppo tempo... ora vai e prenditelo!!! Noi ti porteremo sempre nel cuore tra le cose più belle, goditi questa tua nuova meravigliosa vita con la tua mamma Vanna e il tuo nuovo amico Rino...
Sara è una lezione di vita oltre che un esempio per chi ha paura di adottare un cane adulto... mai perdere la speranza, l'Amore vince sempre !!!! E noi vi auguriamo tutto il bene del mondo!!!!
GRAZIE 

Doveroso ringraziare tutti i volontari che ti hanno dedicato del tempo, soprattutto Valentina e Chiara, tu che ne avevi veramente bisogno per riuscire a fidarti di qualcuno.

Un grazie specialissimo va a Marilena, senza di lei Sara e Vanna non si sarebbero mai incontrate!


Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

Risultano addirittura di più di quelli in fila per tre col resto di due, della famosa canzoncina del 1968, “Quarantaquattro gatti”, che vinse la decima edizione dello Zecchino d’Oro. Il Comune della Spezia, paga ogni santo mese il mantenimento di una cinquantina di gatti, con punte anche vicine ai sessanta: dichiarando in fattura che si tratta di felini ospiti del canile comunale di San Venerio. Solo che là in Via del Monte, non c’è un’ala “gattile” vera e propria: ci sono solo un paio di stanze, utilizzate per accogliere i gatti. Si tratta dei locali che dovrebbero servire al personale, per cambiarsi. E di mici, risulta essercene solo una decina: più uno o due nelle casette esterne, all'aperto. Il mistero del gatto che non c’è, va ad arricchire il capitolo delle incongruenze già all'attenzione della Procura, interessata fin qui - attraverso un esposto - al giallo della presenza di cani del Sud, non dichiarati all'anagrafe canina della Asl 5. Il caso dei gatti, risulta essere stato segnalato sia all’autorità giudiziaria che al Comune: all’amministrazione comunale precedente, e a quella attuale. Una matassa tutta da sbrogliare: visto che il costo mensile di tutti quei gatti, viaggia sopra i 3 mila euro. Non sono milioni, ma sono comunque soldi pubblici. Nel mese di marzo, il Comune ha indicato 55 gatti "presenti in canile”, riconoscendo al gestore un totale di 3.409 euro, più Iva al 22%. A maggio ne ha dichiarati 50, per 3.099 euro, più Iva al 22%. E anche andando a verificare a ritroso, la cifra di felini “presenti in canile” risulta sempre superiore alla cinquantina. Le persone che salgono e chiedono di adottare un gatto, però, ne trovano ben pochi: tanto più che molti mici sono stati dati in adozione, negli ultimi anni. Come sia possibile che a carico del sindaco della città risultino sempre così tanti gatti, non è chiaro: tanto più che – andando a guardare le fatture degli anni passati – la marea risulta “costante”. Tanto per dire: nel 2013 e nel 2014, quando a gestire la struttura era una no profit, risultavano quasi 60 gatti, fra i 50 stabili e quelli accolti per qualche giorno, per ragioni disparate. Dove potessero stare, e dove possano essere oggi, tutti questi gatti, è difficile dirlo: visto che gli spazi attrezzati del canile pubblico sono quelli che chiunque può vedere. Né si può ipotizzare che si tratti di colonie feline sparse. In fattura si parla proprio di gatti “presenti” in canile: in quanto le colonie feline, tutelate per legge, sono una storia a parte. Da regolamento civico, articolo 37, vengono “censite dal Comune, che può avvalersi di associazioni e singoli cittadini per la loro cura”: e richiedere appositi fondi della Regione, per i programmi di sterilizzazione. In canile, finiscono solo i gatti abbandonati da chi li teneva in casa, o vittime di abusi, o di incidenti.


In questo poetico e struggente articolo di Sondra Coggio è racchiuso un pezzo di umanità. Quella crudele e cattiva di chi per un sadico gioco prova ad ammazzare un animale bellissimo e quella buona e compassionevole di chi fa di tutto per salvarlo. Il nome del cattivo non lo sappiamo, ma sappiamo i nomi dei buoni e ve li sveliamo : Il veterinario Carlo Andreoni, la volontaria Perla Lucchini e la ragazza Roby Cosno che ha salvato Byron dal suo triste destino.


Per una volta non abbiate fretta, prendetevi 5 minuti della vostra vita e leggete questa splendida storia a lieto fine che riportiamo integralmente qui sotto:



Lord George Gordon Noel Byron, che tanto amava il golfo, sarebbe senz’altro orgoglioso di lui. Perché c’è molto romanticismo , nella storia del gabbiano di Portovenere che ha sfidato la crudeltà dell’uomo, ed è riuscito a sopravvivere per mesi, dopo essere stato colpito da chi gli ha sparato, senza una ragione.
L’hanno chiamato Byron, il gabbiano preso a fucilate a Portovenere . Byron, perché, quando ha perduto l’uso dell’ala, e non è riuscito a volare, si è rifugiato nella grotta che porta il nome del grande poeta romantico, vissuto fra il 1788 ed il 1824. Quella grotta è diventata il rifugio del gabbiano ferito, costretto a rinunciare al suo cielo, quando qualcuno, chissà perché, ha imbracciato il fucile, e l’ha colpito, con una sventagliata di “pallini”.
Non si può confondere il gabbiano con la preda: la sagoma , le ali, il profilo, sono inconfondibili. Non è peraltro nemmeno tempo di caccia. Deve essersi trattato di un capriccio, di un crudele tiro al bersaglio. Una violenza gratuita, inutile. Precipitato giù, Byron-il gabbiano-non s’è lasciato morire. Si è procurato un po’ di cibo, chissà come, ed è sopravvissuto. E deve la sua vita, il lieto fine di questa storia, all’affettuosa premura di una giovane donna, che l’ha notato, ed ha deciso di aiutarlo. Byron il gabbiano, era sempre solo, triste in un cantuccio. Lei gli ha portato del cibo.
Giorno dopo giorno. In principio, pensava fosse una creatura solitaria. Poi si è accorta della ferita. Byron è stato così raccolto, e portato dal veterinario Carlo Andreoni che l’ha operato: “Le lastre confermano che gli hanno sparato che è stato colpito-testimonia il medico –probabilmente da un fucile calibro 12, utilizzato per la caccia ai volatili. Aveva tanti pallini, in corpo, e ancora ne ha. Ne abbiamo rimossi il più possibile , ma qualcuno resterà per sempre nel suo corpo. Il problema più grave , era la frattura , all’ala. Deve essere caduto, dopo la fucilata: c’erano schegge da rimuovere, una situazione molto seria, attorno alla ferita, da ripulire e risistemare”.
Byron è stato operato, e fasciato, e dovrà affrontare la riabilitazione. A dispetto di chi ha tentato di ucciderlo, riuscirà a salvarsi, e potrà tornare a librarsi nel suo cielo. Una storia d’amore, quello per la vita, capace di abbattere perfino la violenza di una fucilata. Quell’amore al quale Lord Byron attribuiva il primato di poter volare, qualcosa che neppure l’amicizia-alla quale pure teneva moltissimo-possiede: perché “l’amicizia è come l’amore, ma non ha le sue ali”. Le ali che Byron il gabbiano potrà finalmente riavere, per riconquistare la sua libertà.


PONGO LO SBACIUCCHIATORE FOLLE SUPERSTAR!!!!!

In attesa della prima pagina del Time come dog of the year, Pongo è sulla pagina animal house del Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:



Pongo praticamente una rock and roll star!!!!!!!

Pongo il cane con il miglior carattere di tutto il canile municipale di San Venerio è stato finalmente adottato.
Però prima di questa radiosa giornata si è fatto 7 anni di gabbia e questo perchè le persone continuano a scegliere i cani con stupidi ed antiquati canoni estetici e con preconcetti.
A parte il fatto che per noi Pongo è sempre stato un gran figo, noi in canile avevamo un tesoro , ma nessuno di voi se ne è mai accorto.
Cosa vi siete persi!!!!!
Massimo, Alessandra e Giada hanno aperto le porte della loro vita ad una ventata di allegria, gioia, affetto e divertimento.
Una famiglia stupenda che ha saputo vedere l'anima di Pongo, non si sono soffermati sul colore nero, sul musetto bianco e neanche sull'età ma sono riusciti a leggere i suoi occhi, gli occhi di un cane fantastico da troppo tempo chiuso in un box.
Sappiate che portandovi a casa Pongo non avete soltanto adottato un cane meraviglioso , il "cane perfetto", ma anche un pezzo del nostro cuore e della nostra anima.
Buona vita Pongo e speriamo dimenticherai presto i lunghi anni passati dentro una gabbia.


La diaspora dei cani del comune di Sarzana in questo articolo, uscito su Il Secolo XIX, e che dovrebbe far pensare bene gli amministratori prima di fare convenzioni con canili così lontani dal proprio comune.

 

Per agevolarne la lettura riportiamo integralmente il testo dell’articolo :



Erano partiti da qui, destinazione Emilia, nel 2013: e c’erano state tante polemiche, da parte dei volontari, che ritenevano quel viaggio senza ritorno, di quei 40 cani, “una sorta di deportazione”.
Quattro anni dopo, ufficialmente, tutti quei cani senza padrone, risultano adottati.
Il Comune di Sarzana, che aveva fatto un regolare bando al ribasso, ha raggiunto il risultato economico: ha tagliato una bella voce di spesa, che prima era a suo carico.
Solo che non tutti quei 40 cani hanno davvero trovato una famiglia. Ce ne sono ancora, in canile. E l’unica differenza rispetto al 2013, è chi paga il conto: che adesso è a carico di un gruppo di volontari emiliani. Un atto di generosità. Quando il canile in cui erano stati portati Maiorca, Roma e Solingo, a San Prospero di Modena, ha chiuso, non se la sono sentita, di lasciarli caricare di nuovo su un furgone, perché fossero inviati altrove. Li hanno tenuti, appoggiandoli in un canile vicino, per evitare loro un ennesimo stress. Per rispetto di Maiorca, un’anziana cagnolina nera, molto paurosa. Nata nel 2001, nonostante l’età, ed una vita trascorsa in gabbia, è viva. Di più, è aggrappata alla vita.
Per rispetto di Solingo: un tipo solitario, fin dal nome, con un problema di dermatite, che lo rende fragile.
Per rispetto di Roma: classificata come “ cane morsicatore”, all’epoca, oggi considerata adottabile, sia pure con le comprensibili precauzioni.
La comunità di Sarzana, attraverso l’appalto, aveva inviato 40 cani in due strutture in Emilia.
Costavano meno.
Una delle due, ha chiuso: sulla pagina social dell’associazione di volontariato che si occupava dei cani, c’è scritto che era in affitto, e il rapporto di collaborazione fra volontari e privati s’è interrotto.
Per certo, tre cani che il Comune di Sarzana si è tolto dalle spese, sono mantenuti in un altro canile, oggi, da questi volontari emiliani: per puro scrupolo di coscienza. Avevano già patito troppi stress, per affrontare nuovi viaggi. Niente, hanno chiesto: come niente hanno chiesto i volontari sarzanesi che all’atto del trasferimento hanno “adottato” i cani più fragili, quelli che avrebbero sofferto di più, per quel viaggio, per evitare loro lo scombussolamento di non vedere più i volti che quotidianamente li salutavano, in canile.
Sono gli effetti del meccanismo dei trasferimenti dei cani, spostati dai sindaci- con regolari appalti- da una parte all’altra d’Italia: un meccanismo che non consente- nemmeno ai volontari- una tracciabilità.


« 1 2 3 4 »