Vogliamo chiudere questo 2024 con un quiz "barbarico".

Siete pronti?

Lo sapevate che in Italia è legale la caccia alla volpe?

Lo sapevate che in Inghilterra patria di questa "tradizione" la caccia alla volpe è stata vietata nel 2005?

Lo sapevate che nella provincia della Spezia ci sono 33 cacciatori autorizzati ad effettuare la caccia alla volpe?

Lo sapevate che il più anziano cacciatore autorizzato ha ben 94 anni, probabilmente non gli sarà stata rinnovata la patente, ma è libero di andare a sparare nei boschi con il suo fucile?

Lo sapevate che la regione Liguria tramite il suo dirigente Valerio Vassallo ha rilasciato queste autorizzazioni nominative per la caccia alla volpe fino al 30 Gennaio 2025?

Lo sapevate che la carne di volpe non ha valore commerciale e solitamente non viene mangiata?

 

Beh se prima non lo sapevate adesso lo sapete.

In questo articolo scritto dalla giornalista Sondra Coggio uscito oggi su IL SECOLO XIX si parla proprio di questo.

E si racconta della strenua lotta per rimanere in vita di un piccolo di volpe quasi ucciso da degli uomini ma messo in sicurezza e curato da altri esseri umani.

 

Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:

 

La più numerosa è quella di Pignone. Si parla delle squadre autorizzate in questi giorni dalla Regione per la caccia alla volpe. Le autorizzazioni sono nominative, vale a dire che vengono costituite squadre apposite, che poi presentano l’elenco agli uffici regionali, che autorizzano con decreto. Potranno sparare fino al 30 gennaio, nel territorio spezzino. Sono quindici i nominativi degli autorizzati ad agire nella zona di Pignone. Il più avanti con l’età è Aldo, nato nel 1931: a 94 anni, ancora imbraccia il fucile per star dietro alle volpi. Marietto e Giorgio, che arriva da Piazza al Serchio, sono del 1949, hanno 76 anni. Claudio ne ha 69, Patrizio, di Carrara, 68, Renato 67. C’è un solo nato negli anni duemila, Giacomo, del 2005. Tre sono i cacciatori alla volpe autorizzati dal dirigente regionale Valerio Vassallo per sparare fra Calice, Rocchetta e Zignago. Tutti e tre oltre la sessantina, Bruno già a 67. Sono più giovani i tre cacciatori della seconda squadra, rispettivamente di 55, 42 e 43 anni, mentre la terza è composta da un nucleo familiare, con un nominativo oltre la sessantina e due “nuove leve”, classe 1990 e 2002. Quindici, infine, i cacciatori di Riccò e e Borghetto. In questa lista ci sono gruppi familiari di due, tre e quattro persone. Forse padri e figli, dall’età. Uno di 77 e l’altro di 41; tre, stesso cognome, età 77, 72 e 47 anni; e quattro, sempre con lo stesso cognome, di età 67, 65, 40 e 27 anni, unico sotto la trentina d’anni. La maglia rosa è Sergio, nato in tempo di guerra, nel 1953: ha 82 anni. C’è chi, legittimamente, pratica la caccia alla volpe. C’è chi, altrettanto legittimamente, va a recuperare le volpi ferite e tenta di salvarle. Come il volpino consegnato all’Enpa da chi l’ha trovato «massacrato dalle ferite inferte dai morsi di cani da caccia che, dopo averlo inseguito e sfinito, l’hanno martoriato». I volontari del centro operativo di Genova confermano che «le condizioni fisiche della povera volpe sembrano un bollettino di guerra, con un orecchio quasi strappato a morsi, un’otite provocata dal sangue e dal pus della ferita, un danno al labirinto interno che ne ha compromesso l’equilibrio e l’orientamento nello spazio». Quasi cieco, con una brutta ferita alla testa, cammina con la testa inclinata da un lato. «Le conseguenze emotive dovute al trauma non sono meno gravi - spiegano all’Enpa - quando ci avviciniamo per le cure, ci troviamo davanti ad un animale abbattuto, talmente traumatizzato dall’evento da essere depresso e poco reattivo, ancora pietrificato dal terrore. Come sempre faremo il possibile per curare le ferite fisiche di questa creatura, non siamo certi però che si riprenderà dallo choc emotivo». Due punti di vista legittimi. Chi spara e scatena i cani. Chi recupera le “prede” sopravvissute e lasciate agonizzanti. Il punto di vista di Enpa è di parte, della parte che «prova empatia per gli animali vittime di una attività che non è una passione né uno sport, bensì una pratica fondata su atti di crudeltà». Per Enpa è «inaccettabile che si riconosca solo ad alcuni animali lo status di esseri senzienti e dotati di intelligenza, mentre ad altri sono riservati disprezzo, torture e crudeltà».