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Tanti vengono in canile cercando un cagnolino di taglia piccola, ma Anna ed Elsa sono ancora qui. Eppure sono piccole piccole, dolcissime con quelle loro orecchie grandi e quello sguardo che ti fa sciogliere! E' forse perchè sono ormai fuori target per l'età? E' forse perchè cerchiamo per loro un'adozione di coppia dopo una vita passata insieme? Non lo sappiamo, fatto sta che queste due topine cercano ancora una famiglia che le accolga con amore. Sono un pò timorose, ma con un pò di pazienza vi regaleranno tanto affetto!

Tanti vengono in canile cercando un cagnolino di taglia piccola, ma Anna ed Elsa sono ancora qui. Eppure sono piccole piccole, dolcissime con quelle loro orecchie grandi e quello sguardo che ti fa sciogliere! E' forse perchè sono ormai fuori target per l'età? E' forse perchè cerchiamo per loro un'adozione di coppia dopo una vita passata insieme? Non lo sappiamo, fatto sta che queste due topine cercano ancora una famiglia che le accolga con amore. Sono un pò timorose, ma con un pò di pazienza vi regaleranno tanto affetto!


In questo articolo la giornalista Sondra Coggio racconta il

In questo articolo la giornalista Sondra Coggio racconta il "trattamento di bellezza" di Freddy, una coccola che per un cane chiuso in canile diventa anche un giorno di svago e spensieratezza.


... e poi ci sono le adozioni speciali, quelle che ti fanno battere forte il cuore. Quando incontri persone così il mondo, magicamente, si avvicina un pò di più al nostro ideale, fatto d'amore e rispetto, per tutti.Questo bel gattone è paralizzato e una persona straordinaria ha scelto che in quella gabbietta non poteva più stare.Un animale infermo sappiamo bene essere molto impegnativo ma l'amore che donerà sarà mille volte superiore alle fatiche.Rino ora ha una bellissima casa dove poter scorrazzare, una magnifica mamma tutta per lui e una serie di zii e zie che ogni giorno lo viziano e gli fanno regalini.Te li meriti tutti questi vizi dolce Rino, buona vita!

... e poi ci sono le adozioni speciali, quelle che ti fanno battere forte il cuore. Quando incontri persone così il mondo, magicamente, si avvicina un pò di più al nostro ideale, fatto d'amore e rispetto, per tutti.
Questo bel gattone è paralizzato e una persona straordinaria ha scelto che in quella gabbietta non poteva più stare.
Un animale infermo sappiamo bene essere molto impegnativo ma l'amore che donerà sarà mille volte superiore alle fatiche.
Rino ora ha una bellissima casa dove poter scorrazzare, una magnifica mamma tutta per lui e una serie di zii e zie che ogni giorno lo viziano e gli fanno regalini.
Te li meriti tutti questi vizi dolce Rino, buona vita!


La vittoria del nostro Lucky alla corsa

La vittoria del nostro Lucky alla corsa "Corri per i tuoi occhi" organizzata dal Lions Club raccontata dalla giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:

 

And the winner iiiisss.... LUCKY!!!
Eh già, il nostro Lucky accompagnato dai nostri volontari Alessandra e Massimo è stato il primo quadrupede a tagliare il traguardo della manifestazione benefica organizzata dal Lions Club Roverano La Spezia, i cui incassi andranno devoluti all'acquisto di macchinari sanitari.
Per noi è stato un vero e proprio divertimento partecipare, senza dimenticare che dare visibilità al nostro bravissimo Lucky ad una manifestazione tanto meritevole, ci scaldava doppiamente il cuore per la finalità benefica a favore del prossimo.
Lucky è stato bravissimo, ha partecipato con entusiasmo e serietà, trovandosi sempre a suo agio in questo contesto, circondato da bipedi e quadrupedi mai visti.
Bravi anche i nostri due atletici improntini che si sono adoperati affinché per Lucky la camminata fosse solo un momento di puro divertimento.
Come sempre bellissima atmosfera, circondati da persone che impiegano parte della loro vita a perseguire obiettivi utili alla collettività.
Che dire di più, siamo entusiasti, bellissima iniziativa, speriamo ce ne siano sempre di più!


Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:
 
Le zampette posteriori para­lizzate. La metà inferiore del corpo, completa mente rasa­ta: testimonianza di una visita medica che deve essere stata fatta, di recente, prima che venisse portata in canile.
Adagiata in un pannolone. in una gabbia di metallo, con ampie chiazze scure. Ruggine, probabilmente, in parte. E, sul davanti, altre macchie. Forse derivanti dalle ferite. Ci sono tanti cani e tanti gatti, al canile comunale della Spezia.
La gente continua ad abban­donarli, purtroppo: e le amministrazioni si fanno carico di recuperarli, salvarli, proteggerli e nutrirli. La vista di questa gattina, non è passata inosservata, ai visitatori: per la rassegna­zione del suo sguardo. La sua storia, forse, la conosce il Co­mune. Forse, chissà, è stata vittima di un incidente. Forse è stata picchiata. O abbandonata. Certo è che sta lì, da qualche settimana, in quella stanza in cui vengono sistemati I gatti, in mancanza di un vero gattile.
E chi l'ha vista, incrociandone lo sguardo, racconta dei suoi occhi spalancati, del suo silen­zio. Non può muoversi, la gattina. E non può fare, stando in canile, alcun tentativo di riabilitazione. La sua unica speranza, è un miracolo: un'adozione del cuore, da parte di qualcuno, che provi a tirarla fuori da lì.
Succede, che cani e gatti finiscano in una struttura rifugio. Per fortuna, da anni, il Comune della Spezia ne ha costruito una, invia Del Monte: unico, su 32 Comuni della provincia. Meno male che c'è. Peccato che ci siano segni di ruggine, usura, erbacce con un'invasione di zecche ancora recente.
Chi ha visto la gattina, chiede al Comune di fare di più. Un passo oltre. Non c'è un gattile, al rifugio, ma servirebbe: perché -purtroppo - la gente ab­bandona le cucciolate al cancello. E non è mai stata prevista una struttura dedicata, per il trattamento medico interno dei casi più seri: come quello della gattina o della cagnolina nocciola, che mostra segni di malattia, sulla pelle. E chissà quanti altri. Molto ha fatto, il Comune, creando il rifugio, anni fa, e le regole per chi lo gestisce, per chi sale in visita e per i volontari, la maggior parte dell'associazione l'Impronta, che ha contribuito negli ultimi anni a far adottare un numero altis­simo di cani e gatti.Molto, il Comune potrebbe ancora fare. Anche per questa gattina.

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

Le zampette posteriori para­lizzate. La metà inferiore del corpo, completa mente rasa­ta: testimonianza di una visita medica che deve essere stata fatta, di recente, prima che venisse portata in canile.
Adagiata in un pannolone. in una gabbia di metallo, con ampie chiazze scure. Ruggine, probabilmente, in parte. E, sul davanti, altre macchie. Forse derivanti dalle ferite. Ci sono tanti cani e tanti gatti, al canile comunale della Spezia.
La gente continua ad abban­donarli, purtroppo: e le amministrazioni si fanno carico di recuperarli, salvarli, proteggerli e nutrirli. La vista di questa gattina, non è passata inosservata, ai visitatori: per la rassegna­zione del suo sguardo. La sua storia, forse, la conosce il Co­mune. Forse, chissà, è stata vittima di un incidente. Forse è stata picchiata. O abbandonata. Certo è che sta lì, da qualche settimana, in quella stanza in cui vengono sistemati I gatti, in mancanza di un vero gattile.
E chi l'ha vista, incrociandone lo sguardo, racconta dei suoi occhi spalancati, del suo silen­zio. Non può muoversi, la gattina. E non può fare, stando in canile, alcun tentativo di riabilitazione. La sua unica speranza, è un miracolo: un'adozione del cuore, da parte di qualcuno, che provi a tirarla fuori da lì.
Succede, che cani e gatti finiscano in una struttura rifugio. Per fortuna, da anni, il Comune della Spezia ne ha costruito una, invia Del Monte: unico, su 32 Comuni della provincia. Meno male che c'è. Peccato che ci siano segni di ruggine, usura, erbacce con un'invasione di zecche ancora recente.
Chi ha visto la gattina, chiede al Comune di fare di più. Un passo oltre. Non c'è un gattile, al rifugio, ma servirebbe: perché -purtroppo - la gente ab­bandona le cucciolate al cancello. E non è mai stata prevista una struttura dedicata, per il trattamento medico interno dei casi più seri: come quello della gattina o della cagnolina nocciola, che mostra segni di malattia, sulla pelle. E chissà quanti altri. Molto ha fatto, il Comune, creando il rifugio, anni fa, e le regole per chi lo gestisce, per chi sale in visita e per i volontari, la maggior parte dell'associazione l'Impronta, che ha contribuito negli ultimi anni a far adottare un numero altis­simo di cani e gatti.Molto, il Comune potrebbe ancora fare. Anche per questa gattina.

Emma è rimasta sola nella sua gabbia, la gabbia che ha condiviso per anni, tanti, troppi, con il suo compagno Sirio che adesso non c'è più.Ne parla in questo articolo la giornalista Sondra Coggio su il Il Secolo XIX.
Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:
S’è addormentato, Sirio. E questa volta sarà per sempre. Nessuno l’ha mai adottato, il vecchio cane nero. E la sua vita l’ha trascorsa in canile. Ed ora che il buon Sirio se n’è andato in silenzio, come tutti i cani invisibili, ad aspettarlo invano è rimasta la sua metà. Emma. L’altra vecchina della cella. Emma che non sa. Emma che aspetta ancora quel vecchio brontolone. E guarda fuori, rauca, per cercare di vedere quella sagoma scura, familiare, che non ritornerà. Nel suo cuore di cane di canile, piano piano, si sta facendo spazio la verità. La sua solitudine, sarà ancora più silenziosa. «Avrebbe bisogno di una casa e di tanto amore, di una famiglia che non ha mai avuto – spiegano i volontari dell’Impronta – anche se ci vorrebbe un miracolo: perché Emma è una vecchia signora un po’ burbera, avanti con l’età. Eppure se lo meriterebbe proprio, un giardino, dopo una vita in una cella. Specie ora che il suo Sirio non c’è più». I volontari sono in canile, in via del Monte, a San Venerio, il martedì, il giovedì, il venerdì, il sabato e la domenica dalle 16 alle 19, il sabato anche la mattina dalle 10 alle 12. Per informazioni: Elisabetta, 338 2635117 o Losa, 320 1458159.

Emma è rimasta sola nella sua gabbia, la gabbia che ha condiviso per anni, tanti, troppi, con il suo compagno Sirio che adesso non c'è più.

Ne parla in questo articolo la giornalista Sondra Coggio su il Il Secolo XIX.



Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:



S’è addormentato, Sirio. E questa volta sarà per sempre. Nessuno l’ha mai adottato, il vecchio cane nero. E la sua vita l’ha trascorsa in canile. Ed ora che il buon Sirio se n’è andato in silenzio, come tutti i cani invisibili, ad aspettarlo invano è rimasta la sua metà. Emma. L’altra vecchina della cella. Emma che non sa. Emma che aspetta ancora quel vecchio brontolone. E guarda fuori, rauca, per cercare di vedere quella sagoma scura, familiare, che non ritornerà. Nel suo cuore di cane di canile, piano piano, si sta facendo spazio la verità. La sua solitudine, sarà ancora più silenziosa. «Avrebbe bisogno di una casa e di tanto amore, di una famiglia che non ha mai avuto – spiegano i volontari dell’Impronta – anche se ci vorrebbe un miracolo: perché Emma è una vecchia signora un po’ burbera, avanti con l’età. Eppure se lo meriterebbe proprio, un giardino, dopo una vita in una cella. Specie ora che il suo Sirio non c’è più». I volontari sono in canile, in via del Monte, a San Venerio, il martedì, il giovedì, il venerdì, il sabato e la domenica dalle 16 alle 19, il sabato anche la mattina dalle 10 alle 12. Per informazioni: Elisabetta, 338 2635117 o Losa, 320 1458159.


Il nostro Macchia protagonista si questo articolo si Il Secolo XIX.
 
Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:
 
MACCHIA!!!Il giorno in cui entrasti al canile municipale eri molto diverso da ora, bisognava stare attenti a manipolarti perché a volte reagivi in maniera “inopportuna”, ricordo ancora quando provai a metterti al collo il cartello per la campagna contro i botti a Dicembre 2017 e mi presi un bello spavento.Metterti la pettorina era un impresa perché appena entrato in gabbia facevi dei salti che neanche Sara Simeoni all’olimpiade di Mosca.Poi ti ho presentato due meravigliosi volontari Massimo e Susanna, sempre presenti in canile, pioggia, grandine o caldo opprimente, e le passeggiate fuori struttura sono triplicate.E poi si sa che noi volontari dell’Impronta siamo de coccio, non avevi scampo …..e piano piano, passeggiata dopo passeggiata, carezza dopo carezza sei iniziato a cambiare, sempre di più.E poi un giorno di pioggia è successo: ci siamo guardati negli occhi e ci siamo fidati ciecamente l'uno dell’altro.Adesso ti fidi di noi e noi ci fidiamo di te, adesso ti posso prendere in braccio, ti posso accarezzare ovunque, adesso quando mi vedi mi sali in braccio e ci abbracciamo come due innamorati.Insomma, ci hai permesso di entrarti nel cuore.Chissà, forse anche il tempo ha contribuito a cambiarti.Adesso Macchia sei pronto, sei pronto per lasciare per sempre quella gabbia, sei pronto per dare e ricevere affetto, sei pronto per un comodo divano accanto al tuo umano.Insomma che aspettate, venite a conoscere Macchia al canile comunale.Ah dimenticavo, Macchia non sente una cippa, insomma è sordo, ma questo è veramente solo un dettaglio.

Il nostro Macchia protagonista si questo articolo si Il Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:

 

MACCHIA!!!
Il giorno in cui entrasti al canile municipale eri molto diverso da ora, bisognava stare attenti a manipolarti perché a volte reagivi in maniera “inopportuna”, ricordo ancora quando provai a metterti al collo il cartello per la campagna contro i botti a Dicembre 2017 e mi presi un bello spavento.
Metterti la pettorina era un impresa perché appena entrato in gabbia facevi dei salti che neanche Sara Simeoni all’olimpiade di Mosca.
Poi ti ho presentato due meravigliosi volontari Massimo e Susanna, sempre presenti in canile, pioggia, grandine o caldo opprimente, e le passeggiate fuori struttura sono triplicate.
E poi si sa che noi volontari dell’Impronta siamo de coccio, non avevi scampo …..e piano piano, passeggiata dopo passeggiata, carezza dopo carezza sei iniziato a cambiare, sempre di più.
E poi un giorno di pioggia è successo: ci siamo guardati negli occhi e ci siamo fidati ciecamente l'uno dell’altro.
Adesso ti fidi di noi e noi ci fidiamo di te, adesso ti posso prendere in braccio, ti posso accarezzare ovunque, adesso quando mi vedi mi sali in braccio e ci abbracciamo come due innamorati.
Insomma, ci hai permesso di entrarti nel cuore.
Chissà, forse anche il tempo ha contribuito a cambiarti.
Adesso Macchia sei pronto, sei pronto per lasciare per sempre quella gabbia, sei pronto per dare e ricevere affetto, sei pronto per un comodo divano accanto al tuo umano.
Insomma che aspettate, venite a conoscere Macchia al canile comunale.
Ah dimenticavo, Macchia non sente una cippa, insomma è sordo, ma questo è veramente solo un dettaglio.


 Si è concluso il ciclo di proiezione del film

 Si è concluso il ciclo di proiezione del film "Kedi - La città dei gatti".
Per noi una nuova esperienza che ci ha entusiasmati e ci ha dato la possibilità di esplorare un nuovo modo per comunicare.
Grazie alla produzione Wanted che ha pensato di dare un'opportunità di sensibilizzazione alle associazioni di tutela animale, grazie ai nostri compagni di viaggio Associazione Beta, A.n.t.a. La Spezia e Arkus Un Cane Un Amico e soprattutto grazie a Silvano Andreini, titolare del cinema Il Nuovo di Via Colombo che ci ha ospitati con grande disponibilità e sensibilità.
Abbiamo portato tutti la nostra esperienza come associazioni, con rimandi alle normative e con il racconto di esperienze dirette.
Se anche una sola persona sarà tornata a casa ripensando a quello che ci siamo detti, il nostro obiettivo è stato raggiunto.
Grazie a tutti, a chi ci segue, agli amici che ci sostengono sempre con la loro presenza e anche a chi è capitato per caso e ci ha sopportati ascoltandoci.


Il nostro Mirtillo protagonista di questo articolo su Il Secolo XIX.
 
Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:
 
Mirtillo è proprio un bel cagnolone, per gli amanti delle taglie grandi, col pelo lungo e folto che purtoppo, visto il luogo dove sta da tanti anni, è piuttosto arruffato. Il nostro Mirtillone non è fatto per quelli che vogliono un cane da spupazzare e che sia sempre a fare le feste, se ne sta abbastanza per i fatti suoi, ma come tutti avrebbe bisogno di qualcuno che lo ami e si prenda cura di lui. Dopo lunghi anni passati in cella, sarebbe bello se potesse godersi quotidianamente le passeggiate che gli piacciono tanto e avere cibo buono e una casa accogliente. Sappiamo che un cane adulto di taglia grande è ben difficile che trovi adozione, ma altri hanno trovato lo stesso famiglia! Speriamo che il sogno possa avverarsi anche per lui.

Il nostro Mirtillo protagonista di questo articolo su Il Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:

 

Mirtillo è proprio un bel cagnolone, per gli amanti delle taglie grandi, col pelo lungo e folto che purtoppo, visto il luogo dove sta da tanti anni, è piuttosto arruffato. Il nostro Mirtillone non è fatto per quelli che vogliono un cane da spupazzare e che sia sempre a fare le feste, se ne sta abbastanza per i fatti suoi, ma come tutti avrebbe bisogno di qualcuno che lo ami e si prenda cura di lui. Dopo lunghi anni passati in cella, sarebbe bello se potesse godersi quotidianamente le passeggiate che gli piacciono tanto e avere cibo buono e una casa accogliente. Sappiamo che un cane adulto di taglia grande è ben difficile che trovi adozione, ma altri hanno trovato lo stesso famiglia! Speriamo che il sogno possa avverarsi anche per lui.


Oggi non parliamo nè di cani nè di gatti, ma bensì di una gallina, la gallina Elvira raccolta morente a bordo strada dalla nostra volontaria Chiara e curata amorevolmente dal veterinario Carlo Andreoni e dalla sua insostituibile metà Perla Lucchini.Adesso Elvira vive libera e felice con i gatti ed i cani della famiglia che l'ha adottata.A raccontarci questa favola piumata è come sempre la giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.
E come sempre per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:
L’avevano gettata via, l’Elvira. Un nome, nemmeno ce l’aveva. Spennata, stanca, costretta ad una vita difficile. L’avevano buttata. Ed il Secolo XIX ne aveva raccontato la storia, quando Chiara, una volontaria del canile della città, s’era impietosita per quel fagotto spiumato, e l’aveva raccolta. Lei, la gallina, non riusciva nemmeno più ad aprire gli occhi. Vagava ai margini della strada. E solo tutta la buona volontà di Carlo Andreoni e Perla Lucchini aveva fatto il miracolo di salvarla. Farmaci, per disintossicarla dai giorni di strada, e pazienza. La nuova vita di Elvira, è una storia toccante. Perché lei, la gallina che era stata gettata via, ora convive con i gatti ed i cani di casa, nella bella casa della famiglia che l’ha adottata: promettendole un alloggio sicuro, e senza rischi. Non sarà uccisa, o mangiata. Come i gatti ed i cani di casa, condivide le giornate in giardino. Condivide proprio la ciotola, e le abitudini. E quando c’è il sole, si stende sul fianco – imitando gli amici a quattro zampe – a prendersi la tintarella. Elvira è straordinariamente intelligente. Impara in fretta. «Ormai conosce il suo nome – racconta Miriam, che l’ha adottata – è così buffa, quando la chiamo fa i cento all’ora, e prende la curva alla Niki Lauda, per arrivare da me». Gli animali non finiscono di stupire. L’uomo, per proprio interesse, li cataloga fra creature “da consumo”, da “caccia”, da “compagnia”. Però si comportano tutte allo stesso modo, se hanno l’opportunità di condividere un terreno, con i propri “umani”. Lei, Elvira, ogni giorno dona un uovo a chi l’ha salvata. E quando il dottor Andreoni, e l’assistente volontaria, Perla, la vanno a trovare, li riconosce, tutta festosa. Una sentenza recente, ha consentito ad un uomo di tenere con sé, in una casetta di periferia, il suo asinello. Per lui era un compagno di viaggio, come una cocorita. Minuscoli criceti, riescono a riconoscere chi hanno davanti. L'altra sera, due cuccioli di cinghiale sono scesi in spiaggia, a Portovenere, e si sono messi a giocare sulla sabbia. Si rincorrevano, si infilavano in acqua, e tutti attorno erano lì a fotografarli, a riprenderli. Del tutto identici a due cagnolini, in cerca di avventura. Sempre più urbanizzati, sempre più simili ad animali domestici. Si sono goduti gli applausi, felici: del tutto ignari delle

Oggi non parliamo nè di cani nè di gatti, ma bensì di una gallina, la gallina Elvira raccolta morente a bordo strada dalla nostra volontaria Chiara e curata amorevolmente dal veterinario Carlo Andreoni e dalla sua insostituibile metà Perla Lucchini.
Adesso Elvira vive libera e felice con i gatti ed i cani della famiglia che l'ha adottata.
A raccontarci questa favola piumata è come sempre la giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.



E come sempre per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:



L’avevano gettata via, l’Elvira. Un nome, nemmeno ce l’aveva. Spennata, stanca, costretta ad una vita difficile. L’avevano buttata. Ed il Secolo XIX ne aveva raccontato la storia, quando Chiara, una volontaria del canile della città, s’era impietosita per quel fagotto spiumato, e l’aveva raccolta. Lei, la gallina, non riusciva nemmeno più ad aprire gli occhi. Vagava ai margini della strada. E solo tutta la buona volontà di Carlo Andreoni e Perla Lucchini aveva fatto il miracolo di salvarla. Farmaci, per disintossicarla dai giorni di strada, e pazienza. La nuova vita di Elvira, è una storia toccante. Perché lei, la gallina che era stata gettata via, ora convive con i gatti ed i cani di casa, nella bella casa della famiglia che l’ha adottata: promettendole un alloggio sicuro, e senza rischi. Non sarà uccisa, o mangiata. Come i gatti ed i cani di casa, condivide le giornate in giardino. Condivide proprio la ciotola, e le abitudini. E quando c’è il sole, si stende sul fianco – imitando gli amici a quattro zampe – a prendersi la tintarella. Elvira è straordinariamente intelligente. Impara in fretta. «Ormai conosce il suo nome – racconta Miriam, che l’ha adottata – è così buffa, quando la chiamo fa i cento all’ora, e prende la curva alla Niki Lauda, per arrivare da me». Gli animali non finiscono di stupire. L’uomo, per proprio interesse, li cataloga fra creature “da consumo”, da “caccia”, da “compagnia”. Però si comportano tutte allo stesso modo, se hanno l’opportunità di condividere un terreno, con i propri “umani”. Lei, Elvira, ogni giorno dona un uovo a chi l’ha salvata. E quando il dottor Andreoni, e l’assistente volontaria, Perla, la vanno a trovare, li riconosce, tutta festosa. Una sentenza recente, ha consentito ad un uomo di tenere con sé, in una casetta di periferia, il suo asinello. Per lui era un compagno di viaggio, come una cocorita. Minuscoli criceti, riescono a riconoscere chi hanno davanti. L'altra sera, due cuccioli di cinghiale sono scesi in spiaggia, a Portovenere, e si sono messi a giocare sulla sabbia. Si rincorrevano, si infilavano in acqua, e tutti attorno erano lì a fotografarli, a riprenderli. Del tutto identici a due cagnolini, in cerca di avventura. Sempre più urbanizzati, sempre più simili ad animali domestici. Si sono goduti gli applausi, felici: del tutto ignari delle "categorie" stabilite dall'uomo, che per alcuni sceglie la tutela, per altri no. Facile intuire il loro destino.


La trasformazione del nostro Aldo raccontata dalla giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.
Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:
Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo, prima di riflettere. Poeta e saggista, scrittore e regista, esuberante, Jean Cocteau sfuggiva alle definizioni, sotto ogni punto di vista. Il piccolo Aldo, è solo un minuscolo quattro zampe, che non s’intende di cultura: ma la sua immagine dimostra come un qualunque cane di canile possa rivelarsi un delizioso cagnolino, se ben curato, e soprattutto amato. C’è chi sceglie sempre e solo cani di razza: ma al rifugio di via del Monte, a San Venerio, ce ne sono di altrettanto belli, e soprattutto desiderosi di affetto. Aldo, per esempio. Sotto la pelliccia arruffata, sotto i nodi, conseguenza dell’abbandono, c’è un piccoletto, molto dolce. Condivide la cella con un amico del cuore, Rocky, un tipo allegro, esuberante, che compensa la quiete di Aldo. Rocky – tutto bello tosato – ha preso parte all’inaugurazione della nuova area di sgambatura di Rebocco, ma nessuno se n’è innamorato, per ora. I volontari dell’associazione L’Impronta sperano in un’adozione di coppia: perché i due cagnolini sono “inseparabili, buonissimi, e meritano la famiglia più bella del mondo”. La struttura in cui sono ospitati, appartiene al Comune della Spezia. All’interno operano i volontari, riuniti per la maggior parte nell’associazione onlus L’Impronta. Per informazioni su Aldo e Rocky, ma anche su tutti gli altri, è possibile contattare le volontarie Elisabetta 338 2635117 o Losa 320 1458159. Fra quanti sperano di poter uscire, ci sono dei classici cani di canile, quelli tutti neri, con barba e musetto bianco. Come Elide e Corda, che aspettano già da qualche anno. Corda s’è salvato per miracolo dal laccio di un bracconiere. Seriamente ferito, è stato salvato. Oggi è un cane non giovanissimo, ma ancora in gamba: e dalla vita non ha avuto mai la gioia di una casa.

La trasformazione del nostro Aldo raccontata dalla giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.



Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:



Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo, prima di riflettere. Poeta e saggista, scrittore e regista, esuberante, Jean Cocteau sfuggiva alle definizioni, sotto ogni punto di vista. Il piccolo Aldo, è solo un minuscolo quattro zampe, che non s’intende di cultura: ma la sua immagine dimostra come un qualunque cane di canile possa rivelarsi un delizioso cagnolino, se ben curato, e soprattutto amato. C’è chi sceglie sempre e solo cani di razza: ma al rifugio di via del Monte, a San Venerio, ce ne sono di altrettanto belli, e soprattutto desiderosi di affetto. Aldo, per esempio. Sotto la pelliccia arruffata, sotto i nodi, conseguenza dell’abbandono, c’è un piccoletto, molto dolce. Condivide la cella con un amico del cuore, Rocky, un tipo allegro, esuberante, che compensa la quiete di Aldo. Rocky – tutto bello tosato – ha preso parte all’inaugurazione della nuova area di sgambatura di Rebocco, ma nessuno se n’è innamorato, per ora. I volontari dell’associazione L’Impronta sperano in un’adozione di coppia: perché i due cagnolini sono “inseparabili, buonissimi, e meritano la famiglia più bella del mondo”. La struttura in cui sono ospitati, appartiene al Comune della Spezia. All’interno operano i volontari, riuniti per la maggior parte nell’associazione onlus L’Impronta. Per informazioni su Aldo e Rocky, ma anche su tutti gli altri, è possibile contattare le volontarie Elisabetta 338 2635117 o Losa 320 1458159. Fra quanti sperano di poter uscire, ci sono dei classici cani di canile, quelli tutti neri, con barba e musetto bianco. Come Elide e Corda, che aspettano già da qualche anno. Corda s’è salvato per miracolo dal laccio di un bracconiere. Seriamente ferito, è stato salvato. Oggi è un cane non giovanissimo, ma ancora in gamba: e dalla vita non ha avuto mai la gioia di una casa.


L'inaugurazione della nuova area sgambo a Rebocco raccontata dal nostro Rocky, un ringraziamento speciale alle nostre supervolontarie Alessandra e Grazia che gli hanno regalato una toelettatura accompagnandolo a farsi bello, alla giornalista Sondra Coggio che ha

L'inaugurazione della nuova area sgambo a Rebocco raccontata dal nostro Rocky, un ringraziamento speciale alle nostre supervolontarie Alessandra e Grazia che gli hanno regalato una toelettatura accompagnandolo a farsi bello, alla giornalista Sondra Coggio che ha "intervistato" Rocky pubblicando questo bellissimo articolo sul Il Secolo XIX.



Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:



L’invito, gli ha fatto drizzare le orecchie. Rocky è un cane di canile. E presenziare all’inaugurazione della nuova area di sgambatura per i cani, in viale Alpi, è stato un grande onore. Rocky s’è schermito: “Non posso, no. Sono un ammasso di nodi”. E Alessandra, una volontaria dell’associazione “L’Impronta”, gli ha regalato una toelettatura. “Ora puoi…”. Un po’ come la storia di Cenerentola. Al maschile, però. E a quattro zampe. Rocky non indossava, per sua fortuna, scarpette di cristallo: ma s’è fatto bello. “Sembri un altro cane”, gli hanno sussurrato gli altri, mentre usciva. E lui, voltandosi: “Appena torno, vi racconto com’è il mondo, fuori: e forse, chissà, qualcuno mi vorrà adottare…”. Non è andata. Tante coccole, tante carezze, ma nessuna richiesta di adozione. Non ancora, non questa volta. La sua giornata, però, è stata bellissima. I suoi occhi si sono illuminati, a vedere tutte quelle persone, quei bambini, e quell’erba verde e morbida, tanto diversa dalla sua gabbia. “L’area di sgambo è bellissima…”. S’è fatto coccolare, Rocky, s’è intrattenuto con il sindaco Pierluigi Peracchini, con l’assessore Luca Piaggi, ai lavori pubblici Luca Piaggi, e Giulia Giorgi, che si occupa proprio della tutela degli animali. “Ho fatto fare bella figura a tutto il canile”. E una volta rientrato in cella, ha raccontato agli amici che esiste un mondo diverso, là fuori, dove ogni cane ha la sua famiglia, che lo coccola. “Qualcuno che ti vuole bene, per sempre…”. Rocky non la finiva più di raccontare. E Aldo, l’amico peloso con cui divide la cella, s’è ricordato d’improvviso com’era bello, quando ancora stava con quegli “umani” che lo avevano amato, prima dell’abbandono. E per addormentarsi, ad occhi lucidi, ce n’è voluta. “Se qualcuno ci vuole – si sono promessi Rocky e Aldo – ce ne andremo insieme”. E finalmente, hanno preso sonno. Chi li volesse conoscere, sono fra i cento cani dell’unico canile pubblico della Provincia, in via del Monte. All’interno della struttura, operano i volontari, riuniti per la maggior parte nell’associazione onlus “L’Impronta”. Per informazioni, è possibile contattare le volontarie Elisabetta 338 2635117 o Losa 320 1458159.


Sammy, vecchio gatto cieco ha trovato casa a Genova e gli è stato decicato un articolo su Il Secolo XIX.
 
Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:
 
Il suo problema, è che Sammy non lo sa. Non sa, o non vuole accettare, di essere ormai cieco. Non sa, o non vuole accettare, di essere un vecchietto, con una marea di acciacchi sulle spalle. E in canile, chiuso nel suo trasportino, continuava a tentare la fuga, incapace di rassegnarsi ad aspettare così, rinchiuso, la sua fine. Era, il suo, un sogno impossibile. Nessuno cerca un gatto così vecchio, con tutti quei problemi. E tuttavia, ci sono miracoli che nascono da un’affinità di anime, capace di azzerare chilometri di distanza. Sammy, il micio rosso, ha trovato un’adozione. Ed è una storia bellissima. Barbara, una giovanissima volontaria dell’Impronta, s’è presa a cuore il nonnino. Gli ha messo la pettorina, l’ha portato fuori, sul piazzale, con lui che gongolava come un matto. E gli ha fatto un video. «Non si sa mai – diceva – che qualcuno si intenerisca…». La Rete unisce. Le immagini buffe, con Sammy che saltella felice, occhi spenti ma pieni di luce interiore, sono arrivate ad Elena, un avvocato dal cuore tenero. E pur vivendo a Genova, ha deciso di prendere con sè quel vecchino terribile. «Fin da bambina, raccattavo animali – racconta divertita – e li portavo a casa. Il nonno era medico. E io ne ho fatto il mio veterinario di fiducia. Certo, non era la sua specializzazione, ma per le medicazioni potevo contare su di lui…». In famiglia, tutti amano gli animali. Ed Elena, ora che è sposata, ha fatto un patto col marito: «Non più di tre». Tre, sì: che si sommano a quelli che porta ai suoi familiari, e a quelli che salva in vacanza, in Tunisia, la terra originaria dello sposo. «Anche là – sorride – mi è capitato già di fare qualche salvataggio». Sammy è stato fortunato. Di più. «Non so quanto vivrà, ma non morirà in gabbia – spiega – perché non sarebbe stato giusto. La mia abitazione ha un giardino, grande, al sole. In questo momento ho una gatta di 17 anni, vispissima, e sempre affamata, ed una tartaruga: oltre ad un cagnolino adottato alla Spezia. E lui si sta ambientando benissimo». Nonno Sammy zampetta ovunque. «Non vede, ed è probabilmente sordo, ma il suo olfatto gli permette di intuire dove sono: viene a farsi coccolare, poi corre fuori. Una trottola». Grazie ai volontari, grazie ad Elena, la sua lunga prigionia è finita. Non conta più, quanto gli resti da vivere. Se e quando accadrà, sarà sul divano di casa, oppure al sole. E questa felicità, non ha prezzo.

Sammy, vecchio gatto cieco ha trovato casa a Genova e gli è stato decicato un articolo su Il Secolo XIX.

 

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Il suo problema, è che Sammy non lo sa. Non sa, o non vuole accettare, di essere ormai cieco. Non sa, o non vuole accettare, di essere un vecchietto, con una marea di acciacchi sulle spalle. E in canile, chiuso nel suo trasportino, continuava a tentare la fuga, incapace di rassegnarsi ad aspettare così, rinchiuso, la sua fine. Era, il suo, un sogno impossibile. Nessuno cerca un gatto così vecchio, con tutti quei problemi. E tuttavia, ci sono miracoli che nascono da un’affinità di anime, capace di azzerare chilometri di distanza. Sammy, il micio rosso, ha trovato un’adozione. Ed è una storia bellissima. Barbara, una giovanissima volontaria dell’Impronta, s’è presa a cuore il nonnino. Gli ha messo la pettorina, l’ha portato fuori, sul piazzale, con lui che gongolava come un matto. E gli ha fatto un video. «Non si sa mai – diceva – che qualcuno si intenerisca…». La Rete unisce. Le immagini buffe, con Sammy che saltella felice, occhi spenti ma pieni di luce interiore, sono arrivate ad Elena, un avvocato dal cuore tenero. E pur vivendo a Genova, ha deciso di prendere con sè quel vecchino terribile. «Fin da bambina, raccattavo animali – racconta divertita – e li portavo a casa. Il nonno era medico. E io ne ho fatto il mio veterinario di fiducia. Certo, non era la sua specializzazione, ma per le medicazioni potevo contare su di lui…». In famiglia, tutti amano gli animali. Ed Elena, ora che è sposata, ha fatto un patto col marito: «Non più di tre». Tre, sì: che si sommano a quelli che porta ai suoi familiari, e a quelli che salva in vacanza, in Tunisia, la terra originaria dello sposo. «Anche là – sorride – mi è capitato già di fare qualche salvataggio». Sammy è stato fortunato. Di più. «Non so quanto vivrà, ma non morirà in gabbia – spiega – perché non sarebbe stato giusto. La mia abitazione ha un giardino, grande, al sole. In questo momento ho una gatta di 17 anni, vispissima, e sempre affamata, ed una tartaruga: oltre ad un cagnolino adottato alla Spezia. E lui si sta ambientando benissimo». Nonno Sammy zampetta ovunque. «Non vede, ed è probabilmente sordo, ma il suo olfatto gli permette di intuire dove sono: viene a farsi coccolare, poi corre fuori. Una trottola». Grazie ai volontari, grazie ad Elena, la sua lunga prigionia è finita. Non conta più, quanto gli resti da vivere. Se e quando accadrà, sarà sul divano di casa, oppure al sole. E questa felicità, non ha prezzo.


La bellissima e struggente storia a lieto fine del nostro Pippo raccontata dalla giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.
Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:
I volontari gliel’avevano spiegato, sussurrandogli all’orecchio. «Quando ti portiamo fuori, cerca di conquistare un umano». E lui provava. Banchetto dopo banchetto. Lo tiravano fuori dal canile, gli mettevano il cartello al collo. “Cerco casa”. Fiocchetto rosso, e via. E lui, come passava qualcuno, dava spettacolo. Pancia all’aria, occhi festosi, coda a mulinello. Gli “umani” si fermavano. Sorridevano. Gli facevano i grattini, e i complimenti. Però, poi, se ne andavano. E lui, la sera, rientrava in cella. Occhi bassi, coda fra le zampe. E i volontari lo rassicuravano: «Vedrai, vedrai. Un giorno cambierà». Proprio come nella canzone di Tenco. Avanti così. Un anno dopo l’altro. E Pippo, pur pieno di vita, s’era abbattuto. «Non cambierà – diceva – perché sono banale. Sono nero. Musetto bianco. Né cucciolo, né di razza». Ed il tempo passava. L’afa estiva, prima. La neve invernale, poi. Fino all’altra mattina, quando in canile è arrivata una famiglia che cercava tutt’altro. «Il nostro amato Billy è mancato, era il cane di casa, siamo disperati: cerchiamo una femmina, che sia minuscola…». Pippo, che già iniziava a saltare, e a sperare, s’è ammutolito. E s’è ritratto nella gabbia. Solo che i volontari, inseguendo una speranza, hanno provato di nuovo: «Non è una femmina, e non è piccolina: ma Pippo è speciale…». Il cane nero, nemmeno aveva voglia di ritentare. Non più. Ma quando s’è trovato di fronte il sorriso di Cinzia, ha dimenticato in un istante delusioni e rifiuti. E ha cominciato a saltare, felice, pancia all’aria. Il suo miracolo di Pasqua, s’è consumato così. In un istante. La famiglia che si consulta, incerta, e che si lascia tentare da tanta gioia. E che, alla fine, si porta a casa quaranta chili di allegria. Per i volontari, è un’esplosione di felicità. Per Pippo, è un divano da condividere, scatenando finalmente la sua voglia di dare affetto. In casa a Mattia, uno dei quattro figli di Cinzia. «Gioca con me, con mio marito, con tutti noi – confida – ma quando vede Mattia gli salta in braccio, dimenticando di non essere un cucciolo, ma un gigante. Si scioglie nell’abbraccio, così pieno di gratitudine, da commuovere ogni volta». Festa per tutto. Per il guinzaglio, se si esce, per il tappeto, se si resta in casa. Festa perché un cane, in canile, soffre. E spera solo in una casa. E Pippo, il sogno, l’ha realizzato dopo sette lunghi anni.

La bellissima e struggente storia a lieto fine del nostro Pippo raccontata dalla giornalista Sondra Coggio su Il Secolo XIX.



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I volontari gliel’avevano spiegato, sussurrandogli all’orecchio. «Quando ti portiamo fuori, cerca di conquistare un umano». E lui provava. Banchetto dopo banchetto. Lo tiravano fuori dal canile, gli mettevano il cartello al collo. “Cerco casa”. Fiocchetto rosso, e via. E lui, come passava qualcuno, dava spettacolo. Pancia all’aria, occhi festosi, coda a mulinello. Gli “umani” si fermavano. Sorridevano. Gli facevano i grattini, e i complimenti. Però, poi, se ne andavano. E lui, la sera, rientrava in cella. Occhi bassi, coda fra le zampe. E i volontari lo rassicuravano: «Vedrai, vedrai. Un giorno cambierà». Proprio come nella canzone di Tenco. Avanti così. Un anno dopo l’altro. E Pippo, pur pieno di vita, s’era abbattuto. «Non cambierà – diceva – perché sono banale. Sono nero. Musetto bianco. Né cucciolo, né di razza». Ed il tempo passava. L’afa estiva, prima. La neve invernale, poi. Fino all’altra mattina, quando in canile è arrivata una famiglia che cercava tutt’altro. «Il nostro amato Billy è mancato, era il cane di casa, siamo disperati: cerchiamo una femmina, che sia minuscola…». Pippo, che già iniziava a saltare, e a sperare, s’è ammutolito. E s’è ritratto nella gabbia. Solo che i volontari, inseguendo una speranza, hanno provato di nuovo: «Non è una femmina, e non è piccolina: ma Pippo è speciale…». Il cane nero, nemmeno aveva voglia di ritentare. Non più. Ma quando s’è trovato di fronte il sorriso di Cinzia, ha dimenticato in un istante delusioni e rifiuti. E ha cominciato a saltare, felice, pancia all’aria. Il suo miracolo di Pasqua, s’è consumato così. In un istante. La famiglia che si consulta, incerta, e che si lascia tentare da tanta gioia. E che, alla fine, si porta a casa quaranta chili di allegria. Per i volontari, è un’esplosione di felicità. Per Pippo, è un divano da condividere, scatenando finalmente la sua voglia di dare affetto. In casa a Mattia, uno dei quattro figli di Cinzia. «Gioca con me, con mio marito, con tutti noi – confida – ma quando vede Mattia gli salta in braccio, dimenticando di non essere un cucciolo, ma un gigante. Si scioglie nell’abbraccio, così pieno di gratitudine, da commuovere ogni volta». Festa per tutto. Per il guinzaglio, se si esce, per il tappeto, se si resta in casa. Festa perché un cane, in canile, soffre. E spera solo in una casa. E Pippo, il sogno, l’ha realizzato dopo sette lunghi anni.


La settima vita della nostra Gioia raccontata dalla giornalista Sondra Coggio  su Il Secolo XIX.
Per agevolare la lettura dell’articolo lo riportiamo qui sotto in maniera integrale:
Si dice che i gatti abbiano sette vite, perché l’agibilità e l’equilibrio che possiedono, unici, sembrano renderli eterni. La vita che hanno, è una sola, ma la gattina Gioia – appena adottata al canile comunale – di vite ne ha vissute davvero tante, a dispetto della giovane età. La prima, l’ha consumata in strada. Cucciola, e randagia, per vocazione. La testa a posto, l’ha messa quando ha scoperto che la perpetua del Favaro, innamorata degli animali, aveva un piccolo zoo in canonica. La sua seconda vita, l’aveva scelta così: in giardino, fuori dal minuscolo rifugio, in cui la perpetua ricoverava randagi e volatili in difficoltà. Aspettava il suo turno, per la cena. Era felice. Poteva essere una gatta di strada, ma senza più paura di non riuscire a mettere insieme qualcosa da mangiare. La sua terza vita, era stata quella del dolore. La morte della perpetua, l’aveva gettata nello sconforto. E non soltanto perché la canonica era stata svuotata, e non c’erano più animali. Sbaglia, chi dice che i gatti non si affezionino. Nutrono invece sentimenti, hanno emozioni, che mascherano sotto lo sguardo enigmatico, sotto i gesti nobilmente fieri. Lei, non si era fatta trovare. Nessuno ricordava che fosse lì. E la sua quarta vita, era stata quella del silenzio. Si era chiusa in sé stessa, lasciandosi andare. Aspettava e aspettava, ma la perpetua non sarebbe tornata più, purtroppo. E la gattina, distrutta, aveva deciso di non esistere più. Era rimasta muta finché la fame e l’istinto di sopravvivenza non l’avevano spinta a miagolare, e i vigili del fuoco non l’avevano scovata. E salvata. Era tutta ossa e pelliccia. Ed ecco la sua quinta vita, quella del rifiuto. In canile, a San Venerio, i volontari dell’Impronta ce l’avevano messa tutta, per farle capire che poteva ancora esserci un futuro. L’esistenza espone al dolore, ma può anche dare gioia. E così l’avevano soprannominata, Gioia, perché doveva tornare a sorridere. Ci erano riusciti, era iniziata la sua sesta vita. Quella della speranza. L’avevano proposta, i volontari, a chi saliva alla struttura di San Venerio: ma si sa. Ci sono sguardi che si devono incrociare, e ci vuole pazienza. Un’adozione non è immediata, serve quell’istante, unico, preciso, in cui ciascuno sceglie l’altro. E quell’istante è arrivato. Due ragazzi, giovani, sono saliti alla struttura comunale, cercando un gatto. Sono usciti con due. Uno è Felix, deliziosa creatura, una livrea in bianco e nero, e due occhi bellissimi. L’altra è stata proprio Gioia, che – a dispetto delle sei vite già trascorse – è in realtà una gatta giovane, piena di vita. La sua settima vita comincia adesso, e sarà lunghissima e felice. E comunque, per eventuali balzi felini troppo azzardati, non sarà mica l’ultima. All’estero, tanto per dire, si parla delle nove vite del gatto…

La settima vita della nostra Gioia raccontata dalla giornalista Sondra Coggio  su Il Secolo XIX.



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Si dice che i gatti abbiano sette vite, perché l’agibilità e l’equilibrio che possiedono, unici, sembrano renderli eterni. La vita che hanno, è una sola, ma la gattina Gioia – appena adottata al canile comunale – di vite ne ha vissute davvero tante, a dispetto della giovane età. La prima, l’ha consumata in strada. Cucciola, e randagia, per vocazione. La testa a posto, l’ha messa quando ha scoperto che la perpetua del Favaro, innamorata degli animali, aveva un piccolo zoo in canonica. La sua seconda vita, l’aveva scelta così: in giardino, fuori dal minuscolo rifugio, in cui la perpetua ricoverava randagi e volatili in difficoltà. Aspettava il suo turno, per la cena. Era felice. Poteva essere una gatta di strada, ma senza più paura di non riuscire a mettere insieme qualcosa da mangiare. La sua terza vita, era stata quella del dolore. La morte della perpetua, l’aveva gettata nello sconforto. E non soltanto perché la canonica era stata svuotata, e non c’erano più animali. Sbaglia, chi dice che i gatti non si affezionino. Nutrono invece sentimenti, hanno emozioni, che mascherano sotto lo sguardo enigmatico, sotto i gesti nobilmente fieri. Lei, non si era fatta trovare. Nessuno ricordava che fosse lì. E la sua quarta vita, era stata quella del silenzio. Si era chiusa in sé stessa, lasciandosi andare. Aspettava e aspettava, ma la perpetua non sarebbe tornata più, purtroppo. E la gattina, distrutta, aveva deciso di non esistere più. Era rimasta muta finché la fame e l’istinto di sopravvivenza non l’avevano spinta a miagolare, e i vigili del fuoco non l’avevano scovata. E salvata. Era tutta ossa e pelliccia. Ed ecco la sua quinta vita, quella del rifiuto. In canile, a San Venerio, i volontari dell’Impronta ce l’avevano messa tutta, per farle capire che poteva ancora esserci un futuro. L’esistenza espone al dolore, ma può anche dare gioia. E così l’avevano soprannominata, Gioia, perché doveva tornare a sorridere. Ci erano riusciti, era iniziata la sua sesta vita. Quella della speranza. L’avevano proposta, i volontari, a chi saliva alla struttura di San Venerio: ma si sa. Ci sono sguardi che si devono incrociare, e ci vuole pazienza. Un’adozione non è immediata, serve quell’istante, unico, preciso, in cui ciascuno sceglie l’altro. E quell’istante è arrivato. Due ragazzi, giovani, sono saliti alla struttura comunale, cercando un gatto. Sono usciti con due. Uno è Felix, deliziosa creatura, una livrea in bianco e nero, e due occhi bellissimi. L’altra è stata proprio Gioia, che – a dispetto delle sei vite già trascorse – è in realtà una gatta giovane, piena di vita. La sua settima vita comincia adesso, e sarà lunghissima e felice. E comunque, per eventuali balzi felini troppo azzardati, non sarà mica l’ultima. All’estero, tanto per dire, si parla delle nove vite del gatto…