Si parla di noi, del Canile Municipale della Spezia, il canile della nostra città, in questo articolo della giornalista Sondra Coggio uscito ieri su Il Secolo XIX.
E soprattutto si parla di un argomento a cui noi teniamo tantissimo: le adozioni consapevoli.
Nell' oramai lontano Agosto 2018, quando siamo diventati da semplici volontari anche gestori-volontari del canile, avevamo già le idee molto chiare, puntare non sulla quantità ma sulla qualità delle adozioni.
E adesso dopo 4 anni possiamo dire che i fatti ed i numeri ci danno ragione.
E adesso per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:
Il numero di cani e gatti abbandonati sfiorava i duecento, nei primi anni duemila, al canile del Comune della Spezia. Si arrivava oltre quattrocento, sommando i 237 del canile privato del Pezzino, convenzionato con quasi tutti gli altri Comuni spezzini, nessuno dei quali si è mai dotato di un rifugio. L’operazione di trasparenza attuata dalla struttura pubblica di San Venerio, in collaborazione con l’amministrazione civica, ha pagato. Portare cani in città, farli conoscere, fare attività di sensibilizzazione, ha svuotato le gabbie. Si è calati sotto i cento. E l’attuale presenza media, riferita ai cani spezzini, viaggia sulla sessantina di unità. Pierandrea Fosella è fra i fondatori della no profit L’Impronta, che gestisce il rifugio per conto del Comune della Spezia. «Io credo che il risultato stia nell’impegno e nella serietà – spiega – attraverso i quali abbiamo infranto il tabù dei cancelli chiusi, della separazione fra canile e comunità. Uscire, farsi vedere, aprire le porte, dare un nome ed un volto ai cani e ai gatti, li ha resi visibili, presenti». È stato possibile, sottolinea, grazie ad un lavoro d’intesta costante con il Comune, che «ha creduto nel progetto». E non solo perché il sindaco Pierluigi Peracchini ha adottato personalmente, così come l’ex assessore Giulia Giorgi ed il dirigente del settore ambiente, Francesco Bertoneri. «Oltre all’esempio – spiega Fosella – c’è stato il sostegno, c’è stata la condivisione delle scelte, anche controcorrente, come le adozioni consapevoli». È la presidente Elisabetta Spinozzi a illustrare il criterio. «C’è un percorso di avvicinamento – spiega – prima di arrivare all’adozione. Sia qui, che a casa. Si deve essere sicuri della decisione di aprire la famiglia ad un nuovo componente, cane o gatto. Solo così saranno tutti felici, insieme». Altrove, fuor di metafora, l’adozione è immediata. Si va, si sceglie, si porta a casa. Al canile comunale no. Non tutti comprendono l’obbligo di andare per gradi, ma fortunatamente la maggior parte sì. Come il giovane padre che sta facendo accompagnamento con il figlioletto, dopo aver individuato il cane che vorrebbe adottare. «Un animale non è un oggetto – condivide – è un essere vivente. E non ha prezzo. Per questo stiamo facendo il percorso che ci è stato chiesto. È giusto così. E non acquisterei mai un cucciolo, su commissione. Lo trovo immorale, vedendo quanti cani ci sono, da adottare». La struttura è riuscita a fronteggiare in questo modo anche l’ondata di restituzioni post pandemia, che ha colpito altri canili. «In molti – confermano i volontari – hanno adottato a caso, altrove, quando c’era l’isolamento. Volevano solo un giocattolo. E infatti, poi, si sono disfatti di cani e gatti. Una cosa orribile. Non erano adozioni consapevoli». Fra il 2018 ed il 2021, (dati Asl), L’Impronta ha messo a segno 152 adozioni, registrando solo 29 decessi. Il Pezzino, pur avendo più cani, ne ha fatte solo 77, dichiarando un numero impressionante di decessi, addirittura 90. L’Impronta spiega che si cerca di far adottare anche i cani e i gatti anziani ed acciaccati, da parte di famiglie sensibili, che vogliano dare loro il calore di una casa, almeno negli ultimi mesi di vita. «Storie toccanti ne abbiamo vissute tante – ammette la volontaria Losa Porcu – molte drammatiche, quando accogli cani maltrattati o gettati via, ma anche molte dolcissime, quando vedi rinascere un cane o un gatto, giorno dopo giorno, grazie alle cure a all’affetto. Quando li rivediamo è una gioia infinita. Non sembra nemmeno possibile che vengano portati in canile cani e gatti che per una vita sono stati parte di una casa. Dal divano alla gabbia. Soffrono immensamente. Basta guardare i loro occhi».